Stati Uniti, la Casa Bianca preferisce le retate alle azioni mirate
La denuncia del Cato Institute circa gli arresti di immigrati voluti e propagandati dalla Casa Bianca
Stati Uniti, la Casa Bianca preferisce le retate alle azioni mirate
La denuncia del Cato Institute circa gli arresti di immigrati voluti e propagandati dalla Casa Bianca
Stati Uniti, la Casa Bianca preferisce le retate alle azioni mirate
La denuncia del Cato Institute circa gli arresti di immigrati voluti e propagandati dalla Casa Bianca
La Casa Bianca ha ripetutamente affermato che l’azione degli agenti federali è rivolta in via prioritaria agli immigrati irregolari già condannati per reati, definiti dall’amministrazione come i «peggiori tra i peggiori». Il Cato Institute afferma tuttavia che i dati reali non confermano il quadro presentato dalla presidenza americana.
Nel rapporto redatto da David J. Bier, direttore del Dipartimento di studi sull’immigrazione di questo think tank libertario, vengono analizzati dati interni – non ancora diffusi al pubblico – forniti dall’Immigration and Customs Enforcement (Ice), l’agenzia federale incaricata del controllo delle frontiere e della gestione dei flussi migratori. Tali informazioni rivelano che la maggior parte delle persone finite in detenzione non aveva alcuna condanna penale: un dato che contraddice apertamente la narrazione secondo cui l’azione dell’Ice sarebbe concentrata principalmente su individui già riconosciuti come pericolosi o con precedenti.
I dati del rapporto che smentiscono la Casa Bianca
Il rapporto specifica che dal primo ottobre 2024 al 14 giugno 2025, l’Ice ha registrato 204.297 ingressi in detenzione: il 65% di queste persone, pari a 133.687 individui, non aveva alcun precedente penale. Più del 93% non aveva condanne per reati violenti e circa 9 su 10 non risultavano condannati né per reati violenti né per reati contro la proprietà. Oltre la metà delle condanne registrate (53%) riguardava violazioni in ambito migratorio, infrazioni stradali o reati non violenti di lieve entità.
Secondo il Cato Institute, l’obiettivo dichiarato pubblicamente dell’amministrazione Trump di arrestare 3mila immigrati irregolari al giorno sta costringendo gli agenti Ice a concentrarsi sul numero totale di arresti piuttosto che sulla pericolosità reale dei soggetti. In un’intervista al quotidiano conservatore “New York Post”, alcuni agenti federali hanno infatti denunciato come questo sistema di quote stia compromettendo la sicurezza pubblica.
«L’unica cosa che conta sono i numeri, soltanto i numeri», le testimonianze degli agenti federali
«L’unica cosa che conta sono i numeri, soltanto i numeri. La quantità prima della qualità» avrebbe dichiarato un agente al giornale newyorkese. La stessa fonte avrebbe aggiunto che questo tipo di politica è «insostenibile» con il numero di agenti attualmente a disposizione e che pertanto «sta distruggendo il morale» all’interno dell’agenzia. Gli agenti avrebbero poi spiegato che le quote li costringono a lasciare «alcuni immigrati criminali pericolosi irregolari in libertà» perché non dispongono del tempo necessario per condurre le indagini, che richiederebbero diversi giorni per individuare questi soggetti. Ice ha quindi ridotto le operazioni contro i latitanti per concentrarsi su richiedenti asilo nei tribunali, immigrati che si presentano regolarmente agli uffici Ice e altri soggetti non pericolosi.
Il Cato Institute ha quindi concluso che l’agenda di deportazione di Ice non corrisponde a quanto viene presentato dall’amministrazione Trump al pubblico americano. «L’agenzia non dà realmente priorità alla sicurezza pubblica, anche se accusa chi critica il suo operato di voler difendere i criminali» sostiene il rapporto. Per il Cato Institute l’Ice sta pertanto portando avanti una deportazione di massa indiscriminata e caotica.
A giudizio del think tank è il Congresso che dovrebbe assumersi adesso la responsabilità di correggere la rotta: «L’organo legislativo del governo dovrebbe imporre a Ice una rendicontazione più trasparente e richiedere che l’agenzia concentri le proprie operazioni su chi davvero rappresenta una reale minaccia per la sicurezza pubblica».
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