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Stoltenberg Ucraina

L’ipotesi Stoltenberg per aiutare l’Ucraina

Un budget per l’Ucraina a prova di Donald Trump. È quel che propone il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg

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L’ipotesi Stoltenberg per aiutare l’Ucraina

Un budget per l’Ucraina a prova di Donald Trump. È quel che propone il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg

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L’ipotesi Stoltenberg per aiutare l’Ucraina

Un budget per l’Ucraina a prova di Donald Trump. È quel che propone il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg

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Un budget per l’Ucraina a prova di Donald Trump. È quel che propone il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg

Un budget per l’Ucraina a prova di Donald Trump. È quel che propone il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, ipotizzando la creazione di un fondo quinquennale da 100 miliardi di dollari per il Paese invaso da Vladimir Putin. Sottotitolo (non esplicito): nel caso alle presidenziali degli Stati Uniti vincesse Donald Trump e decidesse un cambio nelle politiche atlantiste in Europa e rispetto al sostegno di Kiev.

Ragionare in politica estera su delle ipotesi, soprattutto quanto si devono fare i conti con una realtà tragica e in fieri come quella d’una guerra che va avanti ormai da oltre due anni, non è cosa facile. La notizia dell’ipotesi Stoltenberg è stata data da diverse testate, fra cui il quotidiano britannico “Financial Times”, e dall’agenzia statunitense Bloomberg. Nell’ipotesi Stoltenberg i 100 miliardi in cinque anni per l’Ucraina sarebbero parte di un pacchetto che i leader dei Paesi membri dovrebbero sottoscrivere nel vertice Nato di luglio a Washington. A oggi quattro elementi appaiono quindi chiari: l’ammontare dello stanziamento, il necessario consenso allargato dei membri Nato, la scansione temporale (aiuti in cinque anni perché la guerra può durare ancora a lungo) e la velocità di approvazione perché il tempo, nel sostenere Kiev, è elemento indispensabile. Ciò che invece dev’essere dipanato con maggior chiarezza è il criterio con cui conteggiare i fondi: ne dovranno far parte pure gli aiuti dati dai singoli Stati a Kiev o invece sul conto finale dovranno pesare soltanto gli stanziamenti Nato?

Per quanto riguarda le considerazioni non sui costi ma politiche, due emergono sulle altre. Una a cui già abbiamo accennato, ovvero avere una copertura di fondi per l’Ucraina garantita nel caso di una vittoria elettorale a novembre di Donald Trump e di una sua riconsiderazione della politica estera americana per come è andata avanti sinora. L’altra riguarda invece il fatto che uno stanziamento di tale portata ‘preventiva’ della Nato implicherebbe, ovviamente, un maggior coinvolgimento dell’Alleanza Atlantica nel conflitto in Ucraina. Ieri a Bruxelles si sono visti i 32 ministri degli Esteri dei Paesi membri della Nato e il tema dei 100 miliardi da stanziare per Kiev è stato al centro di colloqui e di scambi di opinioni, ancora informali. Fra l’altro l’ipotesi Stoltenberg ha dalla sua un altro aspetto che merita di esser citato, ovvero il fatto che il segretario generale della Nato a breve cambierà. Ciò non toglie valore alla sua idea ma richiede ancora e di più una condivisione di scelta di tutti i membri.

Da qui al vertice del 9-11 luglio a Washington DC (dove 75 anni fa venne firmato il trattato istitutivo della Nato) il tempo per una decisione c’è, purché gli alleati – a cominciare dai Paesi europei – non cincischino troppo in dibattiti o scambi di opinioni. Perché, considerando tutti gli elementi in campo, non v’è dubbio che l’approvazione Nato di 100 miliardi quinquennali per l’Ucraina rappresenterebbe un segnale anche di forte deterrenza verso la guerra di invasione russa e verso le future mosse del presidente Vladimir Putin rispetto al conflitto. Ieri Stoltenberg l’ha spiegato così: occorre render più solido il sostegno all’Ucraina «e quindi stiamo discutendo su come istituzionalizzare maggiormente il sostegno all’interno di un quadro Nato, per renderlo più prevedibile. Perché crediamo che il sostegno all’Ucraina debba dipendere meno dalle offerte volontarie a breve termine e più dagli impegni a lungo termine».

di Massimiliano Lenzi

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