Teheran teme la piazza dopo la morte cerebrale di Armita Garavand
| Esteri
Teheran nega ogni responsabilità su Garavand mentre teme una nuova ondata di ribellione. Arrestate le giornaliste che cercavano di fare luce sul caso Mahsa Amini

Teheran teme la piazza dopo la morte cerebrale di Armita Garavand
Teheran nega ogni responsabilità su Garavand mentre teme una nuova ondata di ribellione. Arrestate le giornaliste che cercavano di fare luce sul caso Mahsa Amini
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Teheran teme la piazza dopo la morte cerebrale di Armita Garavand
Teheran nega ogni responsabilità su Garavand mentre teme una nuova ondata di ribellione. Arrestate le giornaliste che cercavano di fare luce sul caso Mahsa Amini
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Si è spenta ogni speranza per Armita Garavand, l’attivista iraniana di soli 16 anni, picchiata in metropolitana dalla polizia iraniana lo scorso 1 ottobre per essersi tolta il velo. A nulla sono valsi i tentativi del personale medico del reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Fajr di Teheran per migliorare le condizioni di salute della ragazza, ora in coma irreversibile. La notizia della morte cerebrale è stata dapprima diffusa dai media iraniani e poi confermata dalla famiglia di Garavand.
Il regime iraniano continua a negare ogni responsabilità sulla ricostruzione dell’aggressione, riferendo che la giovane avrebbe sbattuto la testa contro il lato di un vagone del treno a seguito di un calo di pressione.
Dopo il pestaggio di Armita, ad un anno dalla morte di Mahsa Amini, ora Teheran teme una nuova ondata di ribellione al grido “Donna, vita, libertà”, tanto che la repressione ha condannato a sei e sette anni di carcere le due giornaliste che hanno cercato di fare luce proprio sul caso Amini: Elaheh Mohammadi, per complotto contro la sicurezza del Paese – più un anno per propaganda contro la Repubblica islamica – e la fotoreporter Niloufar Hamedi. Entrambe considerate colpevoli di aver collaborato con gli Stati Uniti.
La violenza iraniana non accenna a placarsi: secondo un report di agosto di Amnesty International, le autorità hanno ucciso “centinaia di manifestanti” e ne hanno “arrestati migliaia, minorenni compresi”, mentre “innumerevoli altri” sono stati sottoposti “a torture, inclusa la violenza sessuale, durante la detenzione”.
Nonostante le ripetute intimidazioni e le esecuzioni in Iran, il grido “Donna, vita, libertà” continua a risuonare per le strade di tutto il mondo.
Di Claudia Burgio
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