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Tra Hamas e Israele “vince” Il Cairo

Parla Alessia Melcangi (La Spienza): “Una tregua nel conflitto tra Israele e Hamas è una grossa vittoria dell’Egitto»

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Tra Hamas e Israele “vince” Il Cairo

Parla Alessia Melcangi (La Spienza): “Una tregua nel conflitto tra Israele e Hamas è una grossa vittoria dell’Egitto»

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Tra Hamas e Israele “vince” Il Cairo

Parla Alessia Melcangi (La Spienza): “Una tregua nel conflitto tra Israele e Hamas è una grossa vittoria dell’Egitto»

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Parla Alessia Melcangi (La Spienza): “Una tregua nel conflitto tra Israele e Hamas è una grossa vittoria dell’Egitto»

Le ore passano, il premier israeliano Netanyahu tentenna e osserva, mentre si fa più grande il fantasma del secondo fronte in Libano. Resta la proposta di tregua per Gaza, che se diventasse un “cessate il fuoco” rappresenterebbe non solo un grande passo avanti in una guerra lunga 8 mesi, ma anche un successo per Il Cairo: «Non so fino a che punto si possa festeggiare, ma certamente darebbe la possibilità di prendere fiato. E soprattutto sarebbe una vittoria dell’Egitto», spiega Alessia Melcangi, professoressa associata di Storia contemporanea del Nord Africa e del Medio Oriente alla Sapienza di Roma, e profonda conoscitrice dell’Egitto. «Per le autorità del Cairo costituisce la soluzione per depotenziare il problema di Rafah, che è tale non solo per la situazione umanitaria, ma per l’Egitto stesso, che vive con difficoltà l’onda di profughi palestinesi che preme ai propri confini», sottolinea Melcangi. Non a caso l’accordo proposto dagli Stati Uniti è stato annunciato dal ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, in visita a Madrid.  Mentre Hamas gioca cinicamente con il tempo e Israele fa i conti con le pulsioni dell’estrema destra che tiene in pugno Netanyahu, Melcangi aggiunge: «Va anche considerato il fatto che l’accordo tra Hamas, passando dai negoziati al Cairo, rilancia il Paese guidato da al Sisi come figura di mediazione. L’Egitto si conferma come fondamentale nell’arrivare a una difficilissima risoluzione del conflitto. E questo è importante non solo agli occhi degli altri paesi arabi – che lo vedono come player imprescindibile – ma anche dell’Occidente, come per esempio gli Usa». 

Una tregua, inoltre, rappresenterebbe la possibilità di disinnescare la “bomba” interna all’Egitto, alle prese con una crisi economica senza precedenti e con un’opinione pubblica da gestire con cautela. «L’Egitto è in crisi, un debito pubblico altissimo tanto che il Fondo monetario internazionale ha ampliato il programma di prestiti esistente da 3 miliardi di dollari alla consistente cifra di 8 miliardi di dollari. C’è la consapevolezza di sostenere Il Cairo, per la sua posizione geografica centrale e per il suo ruolo altrettanto centrale a livello geopolitico. Non dimentichiamo che finora le autorità del Cairo hanno dialogato sia con i palestinesi che con Tel Aviv. Non solo: hanno a che fare con altre crisi che hanno effetti al proprio interno, come la guerra in Sud Sudan, che non è in primo piano sui media, ma rimane un grosso problema anche per via dei flussi migratori che genera, e in più confina con la Libia. Il tutto ha delle conseguenze interne anche a livello di opinione pubblica, che comunque segue la causa palestinese da sempre». 

Proprio la questione palestinese rimane in cima alle agende, dopo l’annuncio del riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di Norvegia, Spagna e Irlanda. «È un tema in primo piano da sempre, fin dalla creazione dello Stato di Israele. Ma mentre in passato riguardava da vicino tutti i paesi arabi, ma mano è diventata una questione sempre più “locale”, prima in termini di conflitto arabo-israeliano poi israeliano-palestinese. I paesi arabi non si sono mai disinteressati: rimane fondamentale sia a livello ideologico, per il nazionalismo arabo, sia in termini di consenso da parte delle popolazioni locali. Lo si visto in molte realtà, a partire da quella egiziana. A maggiore, una eventuale tregua e una successiva normalizzazione dei rapporti sarebbero un successo per l’Egitto e gli permetterebbero di non crollare, cosa che non ci si può permettere che avvenga», conclude Melcangi.

di Eleonora Lorusso

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