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Trump e il dissenso dei trumpisti

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Trump e il dissenso dei trumpisti. La base Maga dice di non avere votato per il bombardamento dell’Iran o per una nuova guerra in Venezuela con relativo regime change

Trump e il dissenso dei trumpisti

Trump e il dissenso dei trumpisti. La base Maga dice di non avere votato per il bombardamento dell’Iran o per una nuova guerra in Venezuela con relativo regime change

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Trump e il dissenso dei trumpisti

Trump e il dissenso dei trumpisti. La base Maga dice di non avere votato per il bombardamento dell’Iran o per una nuova guerra in Venezuela con relativo regime change

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Lo scrive sui social la stessa base: «Maga è morta». Ed è soprattutto la Gen Z – che aveva votato per il presidente Donald Trump alle ultime elezioni – a sentirsi tradita dalle politiche adottate dalla Casa Bianca, lontane dalle promesse elettorali. La base Maga dice di non avere votato per il bombardamento dell’Iran o per una nuova guerra in Venezuela con relativo regime change. E ancor meno per essere coinvolta in operazioni militari in Nigeria. Buona parte della destra americana dice pertanto “basta” con Maga, che in politica estera le ricorda sempre di più le posizioni interventiste dei neocon.

La base vuole “America First” o meglio ancora – come ha detto il podcaster conservatore Matt Walsh – “America Only” (soltanto America). Nel suo programma quotidiano Walsh ha dichiarato che, se dovesse scegliere tra salvare un milione di persone oppure suo figlio, sceglierebbe chiaramente suo figlio; allo stesso modo – ha aggiunto – non è interessato ad aiutare altre nazioni, perché il suo unico interesse è quello americano.

Il suo commento, diventato virale, si allinea alle posizioni di altri conservatori come Marjorie Taylor Greene, deputata repubblicana e forte sostenitrice del ‘disaccoppiamento’ da Israele, che Trump ha definito «traditrice» dopo aver chiesto la verità sugli Epstein files. Come se non bastasse, il presidente ha anche deriso il deputato repubblicano Thomas Massie – noto perché al Congresso ha sollecitato giustizia per le vittime di Epstein – per essersi risposato un anno dopo la morte della sua prima moglie. Per la base Maga questo atteggiamento è vergognoso, considerando che in campagna elettorale Trump, Kash Patel (ora direttore dell’Fbi) e Dan Bongino (vice direttore della stessa polizia federale) avevano promesso di pubblicare la lista dei clienti di Epstein per «distruggere l’establishment».

Il podcaster e suprematista bianco Nick Fuentes, i cui ascolti sono in crescita soprattutto tra i giovani conservatori, aveva già avvertito che il secondo mandato di Trump avrebbe deluso la base. Secondo Fuentes, Trump ha sfruttato il malcontento del mondo conservatore per tornare alla Casa Bianca, ma in realtà rappresenterebbe lui stesso l’establishment. Stanno quindi guadagnando spazio politico figure considerate realmente antisistema dalla base, come il commentatore Tucker Carlson, gli stessi Fuentes, Massie e Taylor Greene. Con quest’ultima che a sorpresa (e inaspettatamente) ha annunciato le sue dimissioni, proprio dopo che il Congresso aveva votato a larga maggioranza per obbligare il Dipartimento di Giustizia a rendere pubblici i dossier relativi al caso Epstein: una grande vittoria per lei che da mesi spingeva per questo risultato.

I fedelissimi di Trump cercano di sostenere che questi nomi rappresentano un fenomeno marginale. La base è tuttavia sempre più disillusa dal movimento Maga. Soprattutto dopo l’ultima intervista a “Fox News”, in cui Trump ha affermato che negli Stati Uniti mancano lavoratori con «certi talenti» – difendendo così il programma di visti H1-B per lavoratori qualificati, fortemente criticato a destra – e ha anche annunciato un piano per offrire fino a 600mila visti a studenti cinesi.

Alcuni podcaster hanno osservato che Maga è stata uccisa – e, se non è del tutto morta, è ormai moribonda – non dai democratici, ma dalle politiche dello stesso Trump. Fuentes ha ricordato che un tempo indossare il cappello rosso Maga era un modo per mostrare una visione anti-establishment, ma ora non lo è più, suggerendo di sostituirlo con un cappello “America First”: uno slogan che, a suo dire, Trump non rappresenta più.

Di Anna Mahjar Barducci


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