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Trump molla l’Europa. Il neo isolazionismo aggressivo

Donald Trump sta scindendo i destini degli Usa da quelli dell’Occidente come lo abbiamo inteso dal dopoguerra. Quando la politica degli Stati Uniti d’America cessò di essere isolazionista

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Trump molla l’Europa. Il neo isolazionismo aggressivo

Donald Trump sta scindendo i destini degli Usa da quelli dell’Occidente come lo abbiamo inteso dal dopoguerra. Quando la politica degli Stati Uniti d’America cessò di essere isolazionista

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Trump molla l’Europa. Il neo isolazionismo aggressivo

Donald Trump sta scindendo i destini degli Usa da quelli dell’Occidente come lo abbiamo inteso dal dopoguerra. Quando la politica degli Stati Uniti d’America cessò di essere isolazionista

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Donald Trump sta scindendo i destini degli Usa da quelli dell’Occidente come lo abbiamo inteso dal dopoguerra. Quando la politica degli Stati Uniti d’America cessò di essere isolazionista

Bisogna saper reagire all’assuefazione. Donald Trump la provoca e la vuole, per stordire gli avversari e spiazzare anche gli amici. Ammesso che ne abbia, nel consesso internazionale. È tale la massa di uscite sconcertanti da rischiare di abituarsi a tutto. Finire per non notare ciò che un mese fa ci avrebbe fatto sobbalzare.

Il fluviale discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato ieri – il più lungo di sempre, non a caso – segna l’ennesima riproposizione per punti di una strategia politica illustrata innumerevoli volte. Questo bisogna riconoscerlo a Trump: non ha mai nascosto nulla.

Il complesso degli interventi – che singolarmente presi possono apparire disordinati o folli – hanno una logica. Quest’ultima può non piacerci ma deve essere innanzitutto riconosciuta. Donald Trump sta scindendo i destini degli Usa da quelli dell’Occidente come lo abbiamo inteso dal dopoguerra. Quando la politica degli Stati Uniti d’America cessò di essere isolazionista per assumersi l’onere e gli onori “imperialisti” di rappresentare gli interessi occidentali nel mondo. Fu così nella lotta al mostro nazifascista e nella vittoriosa guerra fredda. È stato così nell’era successiva alla caduta del Muro, con l’emergere di tutte le nuove tensioni del mondo nato dal collasso del sistema dei blocchi. Comunque, mai isolazionismo assoluto, mai abbandono dell’idea di Occidente unito.

Questa è la realtà. Nelle dichiarazioni e negli atti che stanno definendo l’amministrazione Trump non c’è mai spazio – dicasi mai – per l’atlantismo, il riconoscimento del valore della storica alleanza con i partner europei.

Qui arriviamo noi, nel giorno del Consiglio straordinario dell’Unione convocato a Bruxelles. Qualsiasi forma di maggiore integrazione politica, economica e ancor più militare oscilla fra la più gelida indifferenza di Trump e l’aperta ostilità. I vertici europei, anche quando apparentemente inconcludenti, mettono in moto i meccanismi delle liberaldemocrazie.

Pensate al clamoroso attivismo del premier britannico Starmer, catapultato in prima fila dagli eventi e sospinto a ritrovare una comunanza con l’Ue. Alla faccia della relazione speciale con gli Usa. Macron è attivista per definizione e il cancelliere in pectore Merz ha già fatto capire che ad abbracciare l’isolazionismo americano non ci pensa proprio.

In questo elenco manca l’Italia: il governo Meloni ha scelto di ridurre al minimo l’esposizione politica cercando ossessivamente un punto di equilibrio fra gli strappi di Trump e le reazioni europee. Comprensibile, figlio delle tensioni nella maggioranza e di una naturale sintonia fra Meloni e il Presidente americano. A contare, però, sono i risultati e in questo momento l’Europa è Londra, Parigi, Bruxelles, con Berlino che scalda i motori del nuovo governo. Roma non si vede e non si sente.

Oggi c’è la grande occasione del Consiglio straordinario Ue: tempi difficili richiedono scelte difficili e all’occorrenza coraggiose.

Di Fulvio Giuliani

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