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Trump su Gaza: lui e Blair al comando, no deportazioni, Hamas fuori, Anp pure

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Che futuro possa avere il piano su Gaza in 20 punti presentato in pompa magna ieri sera dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e dal premier israeliano Benjamin Netanyahu è impossibile dire

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Trump su Gaza: lui e Blair al comando, no deportazioni, Hamas fuori, Anp pure

Che futuro possa avere il piano su Gaza in 20 punti presentato in pompa magna ieri sera dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e dal premier israeliano Benjamin Netanyahu è impossibile dire

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Trump su Gaza: lui e Blair al comando, no deportazioni, Hamas fuori, Anp pure

Che futuro possa avere il piano su Gaza in 20 punti presentato in pompa magna ieri sera dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e dal premier israeliano Benjamin Netanyahu è impossibile dire

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Che futuro possa avere il piano in 20 punti presentato in pompa magna ieri sera dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e dal premier israeliano Benjamin Netanyahu è impossibile dire.

Un Sì totale e incondizionato da parte di Hamas – come vorrebbero il capo della Casa Bianca e il N.1 israeliano – appare altamente improbabile, anche se qualche apertura prudente e molto limitata si è registrata ieri sera. Però, ci appare interessante osservare anche alcuni elementi nuovi nella postura, nei toni e nella scelta dei termini operati dal Presidente degli Stati Uniti.

Riconoscere, tanto per cominciare, la “legittima aspirazione dei palestinesi alla creazione di un proprio Stato” non è di sicuro musica per le orecchie non solo di Netanyahu, ma in modo particolare dell’anima estremista e di ultra destra che detiene la golden share del governo di Gerusalemme.
Averlo dichiarato ieri, in quel contesto, non è cosa da poco, anche se si resta sul piano dell’enunciazioni di principio.

In tutta franchezza, non così radicalmente diverso dal riconoscimento operato da diversi Paesi dello Stato di Palestina, un’aspirazione anch’essa. Anche aver escluso deportazioni o trasferimenti coatti degli abitanti della striscia di Gaza (una follia per mesi ripetuta da Trump e Netanyahu) non è da sottovalutare. Poi, certo, ci sono le minacce: quelle 72 ore per accettare e liberare gli ostaggi ancora in vita, in cambio di 250 prigionieri palestinesi l’uno. Parole dure, potenzialmente durissime, che ci ricordano l’ambito in cui ci muoviamo.

Così come ostico e fantasioso è il progetto di un governo della Striscia fatto di tecnici palestinesi – quali, nominati da chi, pescati dove? – con la garanzia politica rappresentata dal ruolo di presidenza affidata allo stesso Donald Trump e a Tony Blair. L’ex premier britannico ormai buono più o meno per tutte le stagioni e tirato in mezzo in un contesto in cui finirà quasi certamente impallinato da una serie di noi incrociati.

Ma non è certo lui figura decisiva in questa sfibrante partita a scacchi con vista sull’inferno, in cui è però importante saper cogliere anche i minimi segnali di apertura.

di Fulvio Giuliani

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