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Ucraina: com’è la vita, a due ore da noi

Il giallo e il blu sono ovunque: in ogni casa fuori città e ad ogni finestra dei palazzi in centro sventola una bandiera ucraina. I marciapiedi, i pali della luce, gli spartitraffico.
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Ucraina: com’è la vita, a due ore da noi

Il giallo e il blu sono ovunque: in ogni casa fuori città e ad ogni finestra dei palazzi in centro sventola una bandiera ucraina. I marciapiedi, i pali della luce, gli spartitraffico.
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Ucraina: com’è la vita, a due ore da noi

Il giallo e il blu sono ovunque: in ogni casa fuori città e ad ogni finestra dei palazzi in centro sventola una bandiera ucraina. I marciapiedi, i pali della luce, gli spartitraffico.
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Il giallo e il blu sono ovunque: in ogni casa fuori città e ad ogni finestra dei palazzi in centro sventola una bandiera ucraina. I marciapiedi, i pali della luce, gli spartitraffico.

L’Ucraina va vissuta. Camminando per le strade dissestate dall’alternarsi di inverni rigidi ed estati torride, o per i ciottolati delle città moderne e curate ma cariche di Storia, si respirano tutto l’orgoglio, la dignità e l’unità di un popolo stretto nei colori della propria bandiera. Il legame degli ucraini con la propria Terra è viscerale, materno.

S’incontra chi non se n’è mai andato e chi proprio nell’ora più buia è tornato, perché la terra è come la madre e questo è il momento in cui va protetta e amata, non lasciata sola. A seconda delle zone in cui ci si trova, la vita cambia molto. Le zone più colpite dalla follia omicida russa ovviamente sono una realtà a parte: l’essere e il nulla, per parafrasare Jean-Paul Sartre. Ne tratteremo in seguito, in questo viaggio verso l’abisso umano. Man mano che ci si allontana, si sente il fortissimo desiderio della gente di vivere la quotidianità riconsegnandola con ogni forza alla normalità.

La mattina si lavora, le attività sono regolarmente aperte e anche se con qualche ritardo le consegne avvengono regolarmente. La maggior parte degli indugi è dovuta alle code interminabili in dogana, però oggi anche i beni d’uso comune sono disponibili. Si possono regolarmente rifornire le auto, cosa che sino a qualche tempo fa comportava code di qualche ora per avere un quantitativo razionato di carburante pagato a prezzi altissimi, anche tripli rispetto ai nostri. S’incontrano per lo più donne, bambini e anziani, perché gran parte degli uomini sotto i 60 anni è stata richiamata alle armi. Il giallo e il blu sono ovunque: in ogni casa fuori città e ad ogni finestra dei palazzi in centro sventola una bandiera ucraina. I marciapiedi, i pali della luce, gli spartitraffico… Tutto è colorato di giallo e blu. Persino ai monumenti è stato posto il drappo ucraino a mo’ di mantello.

Chernivtsi è Ucraina, Kyiv è Ucraina, Lviv, Irpen, Cercassi, Chernihiv… Nei cartelli stradali in entrata e in uscita è ribadito sotto il nome di ogni città che quella è terra ucraina. “це не русский мир” (tse né russkiy mir): questo non è mondo russo. Ad ogni incrocio e per le vie del centro però, ogni cento passi un altro cartello ci riporta con entrambi i piedi alla realtà: “СХОВИЩЕ”, rifugio. Ce ne sono moltissimi, molto ben organizzati.

I ristoranti offrono pietanze squisite impiattate alla maniera occidentale. Viene prestata molta attenzione alla qualità del servizio e al garbo con cui viene offerto: in un locale del centro di Chernivtsi, molto frequentato dai giovani, credo di aver bevuto il caffè più buono della mia vita, servito in una tazzina che ne impreziosiva ancor di più il sapore. Ogni tanto però, il suono delle sirene rompe quegli istanti di preziosa normalità. Qualche secondo dopo arriva il messaggio dalle chat organizzate sul telefono: i missili russi sono nell’aria. Verso l’imbrunire, ci si avvia verso un silenzio quasi surreale. Il coprifuoco ora è alle 23. Le luci nelle case si spengono per tenere lontana la minaccia che incombe dai cieli. Si va a letto vestiti, spesso con la web radio accesa sul notiziario e ad ogni ora suona la sveglia: meglio controllare e in caso avvisare tutti nelle chat. Restiamo uniti e vinceremo.

di Giorgio Provinciali

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