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Ucraina, tre anni dopo: le immagini iconiche

Sono passati tre anni esatti dal 24 febbraio 2022. All’alba, migliaia di soldati russi invasero l’Ucraina in quella che Putin definì “operazione militare speciale”. Ma era una guerra di aggressione a tutti gli effetti. Tre anni dopo, la Russia è impantanata quasi nelle stesse posizioni

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Ucraina, tre anni dopo: le immagini iconiche

Sono passati tre anni esatti dal 24 febbraio 2022. All’alba, migliaia di soldati russi invasero l’Ucraina in quella che Putin definì “operazione militare speciale”. Ma era una guerra di aggressione a tutti gli effetti. Tre anni dopo, la Russia è impantanata quasi nelle stesse posizioni

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Ucraina, tre anni dopo: le immagini iconiche

Sono passati tre anni esatti dal 24 febbraio 2022. All’alba, migliaia di soldati russi invasero l’Ucraina in quella che Putin definì “operazione militare speciale”. Ma era una guerra di aggressione a tutti gli effetti. Tre anni dopo, la Russia è impantanata quasi nelle stesse posizioni

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Sono passati tre anni esatti dal 24 febbraio 2022. All’alba, migliaia di soldati russi invasero l’Ucraina in quella che Putin definì “operazione militare speciale”. Ma era una guerra di aggressione a tutti gli effetti. Tre anni dopo, la Russia è impantanata quasi nelle stesse posizioni

Sono passati tre anni esatti dal 24 febbraio 2022. All’alba, migliaia di soldati russi invasero l’Ucraina in quella che Putin definì “operazione militare speciale”. Ma era una guerra di aggressione a tutti gli effetti. Doveva durare pochi giorni, il tempo di assumere il controllo del Paese (considerato quasi inerme dal punto di vista militare) e instaurare a Kiev un governo filorusso. Tre anni dopo la Russia è impantanata quasi nelle stesse posizioni, in una guerra di logoramento che, dal punto di vista strettamente militare, ha perso. E mentre Trump e Putin oggi parlano per terminare il conflitto (a spese dell’aggredito), il mondo non può che ringraziare l’Ucraina per aver dimostrato che, contro le dittature e la violazione delle regole internazionali, si può ancora resistere.

ucraina

Il 25 febbraio 2022, solo ventiquattro ore dopo l’invasione, i satelliti registrano le immagini delle truppe russe in marcia verso Kiev. La coda di carri armati e veicoli si estende per 150 chilometri, partendo dalla frontiera. La maggioranza dei mezzi dovrà fare dietrofront.

Alle porte di Kiev si combatte fino ai primi giorni di aprile 2022. Il 3 aprile l’ultimo caposaldo russo nella regione, l’aeroporto di Hostomel, viene liberato dagli ucraini. All’interno solo detriti. Di quello che fu l’aereo più grande al mondo, l’Antonov An-225, restano pochi rottami bruciati, in un hangar.

Nelle stesse ore si scopre il massacro di Bucha. Decine di ucraini, civili, massacrati dagli occupanti russi e gettati nelle fosse comuni. L’8 aprile 2022 la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen arriva in città per mostrare la sua vicinanza. Davanti a lei lunghe file di cadaveri, chiusi in sacchi neri.

La riscossa dell’Ucraina, che Putin credeva inerme, si infiamma. Il 13 aprile 2022 i missili Neptune dell’artiglieria costiera ucraina colpiscono in pieno l’incrociatore russo Moskva. È l’ammiraglia della flotta del Mar Nero. Il 14 aprile, dopo una lunga agonia, la nave affonda. È la prima grande batosta (anche mediatica) per la Russia.

La potenza della macchina bellica russa, pur disfunzionale e inefficiente, è però insormontabile per gli ucraini. Accerchiati da settimane, asserragliati nei resti dell’acciaieria Azovstal e circondati per chilometri solo da macerie, il 20 maggio 2022 gli ultimi ucraini che difendono Mariupol si arrendono. La Russia acquisisce così un enorme campo di detriti. A un costo umano e materiale inimmaginabile.

La vicinanza dell’Europa è forte. Le cancellerie del continente si affrettano a mandare armi, ad impegnarsi nell’addestramento dei soldati. Ma servono gesti forti per far capire a Putin che l’Ucraina non sarà lasciata sola. Il 16 giugno 2022 i tre leader europei più in vista, Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz, arrivano in visita a Kiev dopo un viaggio in treno durato 11 ore.

Per mesi la guerra è in stallo. L’Ucraina chiede più aiuti, più sostegno. Chiede, soprattutto, armi moderne e potenti che possano rivaleggiare con la macchina bellica russa. Dopo lunghe pressioni, tentennamenti e trattative, il 24 febbraio 2023 (un anno dopo l’inizio del conflitto) arrivano a Kiev le prime wunderwaffen occidentali. Si tratta dei Leopard 2, i primi carri armati Nato consegnati agli ucraini.

Se le armi occidentali devono arrivare è necessario che i governi e le opinioni pubbliche conoscano il dramma dell’Ucraina e quello del suo popolo. Il presidente Volodymyr Zelenksy, che è rimasto a Kiev nonostante le bombe e le pressioni alleate, gira per l’Europa per raccontare a tutti la situazione. Il 13 maggio 2023 è a Roma. Qui, nella splendida cornice del Vittoriano, viene intervistato in un evento comune da tutte le principali testate giornalistiche italiane.

Intanto l’Ucraina ingrana la strada della riscoperta della propria identità, dopo oltre un secolo di omologazione alla cultura russa prima e sovietica poi. Il 1° agosto 2023 la colossale statua della Madre Patria, a Kiev, inizia un restyling. Addio al vecchio stemma comunista nello scudo. Dal 5 agosto inizia l’applicazione del tridente ucraino.

Per un altro anno la guerra infuria, violenta e sanguinosa come ogni conflitto di posizione deve essere. Armi arrivano e vengono usate, mentre nei cieli la Russia mantiene la superiorità. Le pressioni di Zelensky per un riequilibrio delle forze aeree si fanno sempre più insistenti. Alla fine, dopo mesi di addestramento, il 31 luglio 2024 i primi cacciabombardieri F-16 arrivano in Ucraina. I russi devono tornare a guardarsi le spalle, quando volano.

A volte per colpire più forte il nemico bisogna fargli assaggiare la sua stessa medicina. Ad agosto 2024 l’Ucraina sceglie dunque di passare all’offensiva e invade l’oblast russo di Kursk. La manovra è fulminea e coglie Putin totalmente impreparato. Il 14 agosto la giornalista del Tg1 Stefania Battistini è la prima reporter a entrare nell’ex territorio russo. Il Cremlino la indagherà per ingresso illegale nel Paese, costringendola a tornare in Italia per ragioni di sicurezza. Perché ovviamente Putin ama la libertà di stampa…

Verso la fine del 2024 entrambe le parti sono impantanate. Le truppe ucraine sono esauste e le armi scarseggiano. Anche i russi fanno fatica. Avanzano, ma di pochi metri al giorno, e sostenendo perdite di uomini e mezzi del tutto ingiustificabili. Gli arsenali del Cremlino, un tempo sterminati, sono ormai drammaticamente vuoti. Per sostenere la guerra serve un appoggio esterno. Putin lo trova nel suo amico, anche lui dittatore sanguinario, Kim Jong-un. La Corea del Nord, che già manda munizioni, invia veicoli vecchi di 60 anni e, soprattutto, 12mila soldati. La guerra si allarga. Ma i nordcoreani hanno vita breve: usati come carne da cannone, a fine gennaio 2025 vengono ritirati dal fronte. Un ruolo lo gioca, l’11 gennaio, la cattura di due militari di Pyongyang che, interrogati, rivelano la disumanità degli ordini ricevuti dal loro leader macellaio.

E ora? Ora il mondo (con l’Ucraina) attende. Attende le mosse del dittatore Putin, che sa di non poter più sostenere questa guerra che, sul campo, ha perso non riuscendo a ottenere gli obiettivi prefissati nei tempi previsti. Ma attende soprattutto le decisioni di due altri attori. Il primo è il wannabe nuovo autocrate, Donald Trump. Vuole la fine della guerra (ottimo!), ma alle condizioni di Putin (malissimo!), con remunerazioni indebite per gli Stati Uniti (va bene restituire il dovuto, ma non svendere un Paese) e lasciando i problemi da risolvere all’Europa.

Che è l’altro convitato di pietra. L’ultimo attore a sostenere davvero Kiev. E, forse per questo, escluso dalle trattative di pace (o meglio, di spartizione). L’Europa deve sforzarsi di superare le divisioni e presentarsi come attore credibile e primario in questo processo di pace. Sarà in grado di farlo, o collasserà su sé stessa? I prossimi mesi ce lo diranno.

Di Umberto Cascone

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