Una via diplomatica per la pace in Ucraina
La diplomazia europea si sta impegnando nella ricerca di una via diplomatica per una pace possibile in Ucraina dopo l’invasione russa ma lo fa partendo da un presupposto che tiene insieme le vocazioni democratiche degli Stati Uniti e dell’Unione europea
Una via diplomatica per la pace in Ucraina
La diplomazia europea si sta impegnando nella ricerca di una via diplomatica per una pace possibile in Ucraina dopo l’invasione russa ma lo fa partendo da un presupposto che tiene insieme le vocazioni democratiche degli Stati Uniti e dell’Unione europea
Una via diplomatica per la pace in Ucraina
La diplomazia europea si sta impegnando nella ricerca di una via diplomatica per una pace possibile in Ucraina dopo l’invasione russa ma lo fa partendo da un presupposto che tiene insieme le vocazioni democratiche degli Stati Uniti e dell’Unione europea
La diplomazia europea si sta impegnando nella ricerca di una via diplomatica per una pace possibile in Ucraina dopo l’invasione russa ma lo fa partendo da un presupposto che tiene insieme le vocazioni democratiche degli Stati Uniti e dell’Unione europea
Fuor dalla retorica c’è sempre la sostanza. Ed è appunto a questa, alla concretezza delle cose del mondo, che deve badare la politica. Dal vertice a Washington fra Mario Draghi e Joe Biden di martedì e dagli incontri americani di ieri del nostro presidente del Consiglio di ciccia ne è venuta fuori parecchia.
In queste ore la diplomazia europea si sta impegnando nella ricerca di una via diplomatica per una pace possibile in Ucraina dopo l’invasione russa ma lo fa partendo da un presupposto che tiene insieme le vocazioni democratiche degli Stati Uniti e dell’Unione europea. Dell’Occidente. E questo presupposto consiste nello schierarsi, senza tentennamenti. L’Unione europea e gli Usa stanno con l’Ucraina e vorrebbero che il russo Putin la smettesse e per questo armano l’Ucraina e la sua resistenza. Questa nettezza di posizione non significa affatto che la diplomazia stia rinunciando a fare il proprio lavoro. Anzi. Due giorni fa il presidente francese Emmanuel Macron, che ricopre in questi mesi anche il ruolo di presidente di turno del Consiglio europeo, ha sentito Xi Jinping, il capo della Cina comunista, spingendo con risolutezza per un dialogo e sollecitando Pechino a cercare una via d’uscita dalla guerra russa agli ucraini.
Va da sé che bacchette magiche non ne esistono e far previsioni sulla fine del conflitto o su una mediazione possibile è esercizio retorico e non politico. Un rischio su cui in queste ore Christopher Coons, senatore democratico americano vicinissimo al presidente Joe Biden, ha messo in guardia l’Occidente, invitandolo a restare unito come lo è stato sinora, anche davanti a tutti gli scenari possibili, come l’ipotesi che Putin possa colpire un Paese della Nato. «Chiediamoci – ha sottolineato Coons – cosa fare in quel caso». Guardando ancora alla sostanza.
E proprio in questo orizzonte di concretezza e realtà che nell’incontro tra Biden e Draghi un capitolo importante è stato dedicato alla Libia. Il piano italo-francese, condiviso anche dall’Ue, di arrivare con tappe precise a una pacificazione del Paese e alle elezioni non ha funzionato e i tempi per una stabilizzazione stanno slittando. A questo proposito è interessante il “dialogo libico” intercorso fra Draghi e Biden. Draghi: «La Libia può essere un enorme fornitore di gas e petrolio, non solo per l’Italia ma per tutta l’Europa». Biden: «Tu cosa faresti?». Draghi: «Dobbiamo lavorare insieme per stabilizzare il Paese».
Ecco allora che l’unità dell’Occidente dal versante della difesa dell’Ucraina si allarga alla stabilizzazione della Libia, con una collaborazione possibile tra Ue e Usa (che dovrà essere da subito senza equivoci) sino ai provvedimenti da prendere contro il rischio d’una crisi alimentare che colpirebbe soprattutto l’Africa e i Paesi poveri, su su sino all’energia. Tutto si tiene: politica energetica, fronte dell’immigrazione (una Libia nel caos e la mancanza di cibo creerebbero veri e propri esodi dall’Africa verso i Paesi più ricchi dell’Europa, a cominciare dall’Italia), difesa delle libertà e diplomazia possibile.
Ieri, a poche ore dall’incontro fra Biden e Draghi, Ned Price, portavoce del Dipartimento di Stato Usa, ha dichiarato che l’amministrazione americana sta lavorando con la consigliera delle Nazioni Unite per la Libia, Stephanie Williams, e che gli Usa faranno tutto il possibile per sostenere il cessate il fuoco, impedire le violenze e consentire le elezioni il prima possibile, evidenziando nel suo annuncio che il numero record di libici registrati nelle liste elettorali è già la prova della volontà di gran parte del popolo di voler esercitare un diritto democratico.
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