Ungheria, abusi sui minori nei riformatori: bufera su Orbán – IL VIDEO
“Proteggiamo i bambini”: torce, candele, peluche e striscioni hanno inondato le strade di Budapest (Ungheria). I cittadini sono scesi in piazza per chiedere le dimissioni di Viktor Orbán
Così i cittadini sono scesi in piazza in Ungheria per chiedere le dimissioni di Viktor Orbán, travolto dal recente scandalo sugli abusi subiti da minori all’interno delle strutture statali. Lo scorso 13 dicembre oltre 50mila persone, guidate da Péter Magyar, leader del Partito del Rispetto e della Libertà (Tisza | PPE) e principale antagonista politico del premier, hanno marciato lungo il Danubio fino al Castello di Buda, sotto gli uffici del primo ministro. Nel mirino dei manifestanti non c’erano solo i singoli episodi di violenza, ma soprattutto le istituzioni, accusate di non aver protetto i minori e di non aver dato ascolto né sostegno a chi, per anni, aveva provato a denunciare.
Ungheria, il riformatorio dell’orrore
Violenze fisiche, psicologiche e abusi sessuali su minori di età compresa tra i 14 e i 17 anni. Accadeva nel riformatorio di via Szölö, nascosto sulle colline di Buda. Ci sono racconti agghiaccianti: dopo averli picchiati, gli operatori li obbligavano a praticare sesso orale. Gli indagati avrebbero persino sottratto loro somme di denaro per un totale di 108 milioni di fiorini, circa 280mila euro. Secondo Telex, ad oggi sono state arrestate otto persone, compreso l’ex direttore della struttura sospettato di tratta di esseri umani, lavoro forzato, abuso di ufficio, riciclaggio di denaro, possesso illecito di armi da fuoco e sfruttamento della prostituzione minorile.
La denuncia dell’attivista Jusház Péter
A scoperchiare il vaso di Pandora è stato Juhász Péter, ex consigliere comunale della capitale magiara e oggi attivista. È stato lui a pubblicare le prime interviste ad alcuni ex ospiti della struttura che, a volto coperto, hanno raccontato ciò che accadeva all’interno del riformatorio. Successivamente ha pubblicato numerosi filmati trafugati dal circuito di video-sorveglianza dell’istituto che mostrano le torture e le violenze fisiche messe in atto quotidianamente all’interno della struttura. Calci nelle parti intime, spintoni e percosse. L’attivista è il classico “personaggio scomodo” e perciò è finito più volte nel mirino dei media filo governativi.
In particolare Origo.hu e Pesti Srácok, che lo hanno ingiuriato ripetutamente andando a minare la sua credibilità. Questi attacchi si inseriscono in un contesto mediatico tipico delle dittature. Il governo, infatti, ha un controllo pressoché globale degli organi di stampa nazionale. Tanto che oggi il dibattito pubblico si è spostato principalmente sui social media e sulle piattaforme streaming come Youtube. Luoghi in cui, grazie alle norme dell’UE, viene garantita la libertà di opinione.
Nel tentativo di delegittimarlo, nei confronti di Juhász erano state avanzate anche accuse di abusi contro l’ex compagna, rivelatesi poi infondate. Lo scorso ottobre le forze dell’ordine hanno perquisito la sua abitazione, ma questo non gli ha impedito di continuare a pubblicare ulteriori video sul suo canale Facebook. I primi video mostravano l’ex direttore della struttura, Kovács-Buna, mentre picchiava uno degli ospiti con un bastone. A questi ne sono seguiti altri, sempre più espliciti e cruenti.
Abusi sui minori nei riformatori in Ungheria, non si tratta di un caso isolato
Non è la prima volta che il governo ungherese viene accusato di aver ignorato o sottovalutato casi di abusi e violenze sui minori. Nel febbraio 2024 l’allora ministra della Giustizia Judit Varga si era dimessa dopo aver concesso la grazia al vicedirettore dell’orfanotrofio di Bicske, condannato per aver insabbiato gravi abusi.
Dal 2004 al 2016 l’uomo avrebbe orchestrato e messo in atto ripetute violenze ai danni dei minori ospitati nella struttura. Secondo un rapporto ufficiale reso pubblico dalle opposizioni, i casi di abusi denunciati nel Paese sarebbero oltre 3mila. Un numero che, per l’opposizione, giustifica la richiesta di intervento diretto fatta all’Unione Europea. Il PDE parla di un fallimento strutturale, sottolineando come molte di queste violenze fossero già note alle autorità almeno dal 2021. Di fronte alla crescente pressione pubblica e internazionale, il governo ha annunciato l’avvio di indagini su vasta scala definendo queste condotte “inaccettabili”. Tra le misure promesse, anche quella di porre tutte le strutture minorili statali sotto il controllo diretto della polizia, una decisione che rimane controversa agli occhi di molti.
di Angelo Annese
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