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Valérie Pécresse vs populismo

In Francia è in corso una sfida che va ben oltre il risultato elettorale, una sfida per una destra tradizionale le cui conseguenze hanno un potenziale capace di scavalcare i confini nazionali. Protagonista, Valérie Pécresse.
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Valérie Pécresse vs populismo

In Francia è in corso una sfida che va ben oltre il risultato elettorale, una sfida per una destra tradizionale le cui conseguenze hanno un potenziale capace di scavalcare i confini nazionali. Protagonista, Valérie Pécresse.
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In Francia è in corso una sfida che va ben oltre il risultato elettorale, una sfida per una destra tradizionale le cui conseguenze hanno un potenziale capace di scavalcare i confini nazionali. Protagonista, Valérie Pécresse.
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In Francia è in corso una sfida che va ben oltre il risultato elettorale, una sfida per una destra tradizionale le cui conseguenze hanno un potenziale capace di scavalcare i confini nazionali. Protagonista, Valérie Pécresse.
  In Francia è in corso una sfida che va ben oltre il risultato elettorale e le cui conseguenze hanno un potenziale capace di scavalcare i confini nazionali. A tre mesi dalle elezioni presidenziali, i sondaggi sembrano confermare Emmanuel Macron vincitore al primo turno, quindi lo sguardo non può non posarsi sulla vera rivelazione di questo voto: il secondo arrivato, da cui dipendono anche le chance di vittoria del presidente uscente. È in gioco la possibilità, in caso di sconfitta, di ridefinire il quadro politico d’Oltralpe partendo dall’opposizione, in uno scontro tutto interno alla parte destra dell’Assemblée nationale. I tre candidati rappresentano ciascuno una particolare declinazione della destra francese: il nazional-populismo di Le Pen, l’anti-establishment di Zemmour e il gollismo tradizionale di Valérie Pécresse. Quest’ultima è secondo i giornali l’unica che, in caso di ballottaggio, potrebbe mettere seriamente in difficoltà Emmanuel Macron e questo dato non stupisce. Dalle scorse legislative, i Repubblicani sono tornati al centro della scena politica transalpina dopo il fallimento del 2017 che è sembrato – con la vittoria della allora neonata lista En Marche! sul fu Front National – decretare la fine dei partiti tradizionali in Francia e nello specifico l’irrilevanza degli eredi del generale De Gaulle (che, assieme ai rivali socialisti, hanno segnato la storia del bipolarismo francese). Una situazione che si è andata a riflettere in tutta Europa, con conseguenze ben note. Da una parte il polo conservatore coglieva l’esempio lepenista spostandosi sul terreno dell’euroscetticismo e del contrasto radicale all’immigrazione, dall’altra si andava a delineare un fronte opposto progressista, il tutto a scapito delle vecchie tradizioni partitiche. Oggi però, la retorica di Marine Le Pen – fatta di «élites» e «globalismo» – appare superata, stanca. Il fenomeno Zemmour sembra essere già saturo: esaurita la novità provocatoria si è scontrato con la realtà dell’impegno politico. In questo contesto risalta la proposta di Pécresse, autodefinitasi «due terzi Merkel e un terzo Thatcher», che non solo punta a essere la prima presidente di Francia dopo quasi novant’anni ma a riprendersi anche l’area conservatrice archiviando del tutto la stagione populista di cui è stata sinora ostaggio. È la sfida per una destra tradizionale, che passa per la Francia e può affermarsi come modello altrove. Una sfida al momento combattuta nell’area elettorale che va dal 15 al 20%.   di Antonio Pellegrino    

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