Vance-Walz: il faccia a faccia tra i candidati vicepresidenti
Il confronto Vance-Walz ha toccato dalla crisi in Medio Oriente all’immigrazione, senza dimenticare la sanità: i temi, i gesti, il linguaggio dei due aspiranti “vice” alla Casa bianca
Vance-Walz: il faccia a faccia tra i candidati vicepresidenti
Il confronto Vance-Walz ha toccato dalla crisi in Medio Oriente all’immigrazione, senza dimenticare la sanità: i temi, i gesti, il linguaggio dei due aspiranti “vice” alla Casa bianca
Vance-Walz: il faccia a faccia tra i candidati vicepresidenti
Il confronto Vance-Walz ha toccato dalla crisi in Medio Oriente all’immigrazione, senza dimenticare la sanità: i temi, i gesti, il linguaggio dei due aspiranti “vice” alla Casa bianca
Il confronto Vance-Walz ha toccato dalla crisi in Medio Oriente all’immigrazione, senza dimenticare la sanità: i temi, i gesti, il linguaggio dei due aspiranti “vice” alla Casa bianca
Il confronto tv, a tre settimane da quello dei due candidati presidenti, è arrivato a un mese dal voto americano. Un appuntamento atteso anche al di fuori dei confini statunitensi e soprattutto in un momento in cui anche i due principali teatri di guerra nel mondo – Ucraina e Medio Oriente – sembrano dipendere in qualche modo da chi sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca.
Il senatore repubblicano JD Vance ha affrontato il Governatore democratico del Minnesota Tim Walz nella sede della CBS di New York martedì sera. A moderare c’erano questa volta due donne, Norah O’Donnell e Margaret Brennan, la conduttrice del programma d’affari Face the Nation. Ad interrompere il botta-e-risposta ci sono stati due break di 4’ ciascuno. Una differenza sostanziale rispetto allo scorso confronto tv tra questi ultimi è stata data dal fatto che i microfoni non era silenziati. Per il resto, stesso posizionamento (Vance alla sinistra dello schermo e Walz alla destra) e nessun aiuto dal proprio staff né appunti preconfezionati, come per i candidati presidenti. Niente pubblico in sala, ma da casa il dibattito è stato seguito da milioni di persone, non solo americani.
Prima la stretta di mano, quella che mancata tra Donald Trump e Kamala Harris, poi il via al confronto, a partire dalla guerra in Medio Oriente e dal coinvolgimento americano nella zona. Walz, il primo a rispondere, ha sottolineato il diritto di Israele a difendersi, ma ribadendo anche la necessità di difendere i proprio militari e ricordando la vicinanza di Trump alla Russia di Putin e alla Corea del Nord. Per Vance, invece, solo con l’ex presidente statunitense sarà possibile raggiunge la pace e la stabilità nell’area. Entrambi, comunque, non hanno risposto alla domanda se fossero favorevoli a un “attacco preventivo” contro l’Iran, nel caso Teheran sviluppasse un’arma nucleare.
Prioritaria è stata poi la situazione degli Usa dopo l’uragano Helene, che ha causato oltre 100 vittime tra Florida, Georgia, Carolina del Sud e del Nord, e Virginia. Tra i topics del dibattito anche la gestione dei cambiamenti climatici e delle fonti energetiche rinnovabili, ma soprattutto l’immigrazione. “Va fermata quella illegale”, ha affermato Vance, che però non ha risposto alla domanda se una futura amministrazione a guida repubblicana separerebbe i figli dai genitori migranti illegali in caso di deportazione. Il Senatore, invece, ha accusato la presidenza Biden (e la sua vicepresidente) di aver “lasciato entrare il Fentanyl nelle comunità americane a livelli record”. Per Walz, invece, non è possibile proseguire sulla strada della “disumanizzazione” del trattamento dei migranti provenienti dal confine con il Messico, rifiutando l’ipotesi di una “deportazione”, ossia un respingimento oltre le frontiere statunitensi.
Cruciale, per l’elettorato americano a cui hanno parlato i due candidati vicepresidenti, considerati entrambi “populisti”, la tassazione applicata alla middle class. Vance ha puntato sul rincaro del costo della vita registrato durante l’Amministrazione Biden, di cui Harris è stata il braccio destro. Il Senatore dell’Ohio, che si era già presentato raccontando la sua storia familiare, ha insistito sull’idea che solo con Trump sarà possibile tornare al “sogno americano” (“American dream is attendable one again”). La risposta di Walz ha puntato, invece, sull’accusa nei confronti dell’ex Presidente di aver largamente evaso il pagamento delle tasse che gli sarebbe spettato.
I due hanno anche avuto uno scambio di battute meno “rigido” rispetto alla scansione dei tempi e degli interventi rispetto a quella di Trump e Harris, rivolgendosi l’uno all’altro con il solo nome di battesimo, e mai si sono lasciati andare a espressioni del visto ironiche o negative rispetto a quanto affermato dall’avversario. Uno dei temi caldi, però, è stato il rapporto tra Tim Walz e la Cina, su cui il GOP (Grand Old Party) lo accusa di avere relazioni “ambigue” con Pechino a causa del suo lavoro come borsista presso l’Università Politecnica cinese di Macao e del suo periodo di insegnamento nella Repubblica popolare. Inevitabile non affrontare la questione dell’aborto, con Walz che ha ricordato come questo diritto non sia consentito in diversi Stati americani, mentre Vance ha difeso il piano repubblicano di supporto alle madri che portano avanti gravidanza e maternità. Per il Senatore occorre tenere in considerazione il punto di vista degli elettori nei diversi Stati Usa, lasciando che decidano tramite il voto come gestire la legislazione a livello locale.
Quanto alle armi, per Vance l’immigrazione illegale dal Messico è in larga parte uno dei motivi dell’ingresso di armi negli Usa. Walz, invece, ha ricordato l’urgenza di un intervento per evitare le sparatorie nelle scuole, alla luce del suo passato di insegnante. Dure le parole di Vance riguardo all’Obama Care, definito un “disastro”, mentre il Senatore ha difeso “l’operazione trasparenza” portata avanti da Trump per rendere chiari i costi dei servizi sanitari coperti dalle assicurazioni private. Di parere opposto Walz che invece sulle politiche di sostegno alla natalità ha ricordato l’esempio del Minnesota da lui amministrato, mentre Vance ha citato la moglie e i tre figli, sottolineando l’esigenza di piani di supporto alle madri-lavoratrici per permettere loro di non lasciare il lavoro alla nascita dei figli.
Il confronto di quasi due ore è stato centrato più sui temi interni che sulla politica estera, con l’obiettivo da parte dei due candidati vicepresidenti di conquistare quegli elettori ancora indecisi. È stato lasciato come ultimo tema quello del risultato elettorale. Chiara la domanda sull’accettazione del voto imminente: Vance ha puntato il dito sui rischi per la democrazia dati dalla manipolazione delle informazioni grazie alla tecnologia e a social come Facebook (citando le recenti dichiarazioni di Zuckerberg su pressioni che avrebbe ricevuto per veicolare alcune informazioni durante la pandemia Covid) e poi accusando i democratici di aver contestato il verdetto delle urne per anni. Di contro, Walz ha ricordato il rifiuto di Trump di stringere la mano al vincitore nel 2020 e riconoscere la propria sconfitta, portando ai fatti del 6 gennaio, che – ha ricordato – hanno rappresentato un unicum nella storia della democrazia statunitense. “America, siamo di fronte a una scelta: da un lato la democrazia, dall’altro Trump”, ha detto il Governatore del Minnesota.
L’ultima dichiarazione è andata a Vance, che tornato a riferimenti alla propria storia familiare (lui, autore del libro di J.D.,‘Hillbilly Elegy‘ ispirato proprio al sogno americano), invocato una svolta. La stessa che anche Walz ha citato, rispetto alla passata presidenza Trump (“Lo conosciamo, abbiamo bisogno di positività, non di paura”), mentre una calorosa stretta di mano e una pacca sulla spalla tra i due ha chiuso il confronto.
di Eleonora Lorusso
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