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Putin, un odio che consuma

Vladimir Putin se l’è cantata e suonata ieri a San Pietroburgo, davanti a una platea di un forum economico surreale. Nemmeno un cenno sulle migliaia di morti, feriti, dispersi e profughi fra i civili, non un moto di compassione per le centinaia di bambini vittime della sua sporca guerra.
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Putin, un odio che consuma

Vladimir Putin se l’è cantata e suonata ieri a San Pietroburgo, davanti a una platea di un forum economico surreale. Nemmeno un cenno sulle migliaia di morti, feriti, dispersi e profughi fra i civili, non un moto di compassione per le centinaia di bambini vittime della sua sporca guerra.
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Putin, un odio che consuma

Vladimir Putin se l’è cantata e suonata ieri a San Pietroburgo, davanti a una platea di un forum economico surreale. Nemmeno un cenno sulle migliaia di morti, feriti, dispersi e profughi fra i civili, non un moto di compassione per le centinaia di bambini vittime della sua sporca guerra.
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Vladimir Putin se l’è cantata e suonata ieri a San Pietroburgo, davanti a una platea di un forum economico surreale. Nemmeno un cenno sulle migliaia di morti, feriti, dispersi e profughi fra i civili, non un moto di compassione per le centinaia di bambini vittime della sua sporca guerra.
Sempre lo stesso, senza arretrare di un passo, senza cambiare mai lo spartito. Vladimir Putin se l’è cantata e suonata ieri a San Pietroburgo, davanti a una platea di un forum economico surreale, in cui i Paesi superstiti sono una manciata – un bel po’ canaglia – mentre gli “inviati“ del mondo libero si nascondono e fanno anche gli eroi, come nel caso di alcuni nostri connazionali riportati dal Corriere della Sera. “Difendiamo solo i nostri interessi“ vanno dicendo guardandosi bene dal dire chi siano e scappando a gambe levate davanti agli smartphone dei giornalisti, gente di coraggio. Torniamo a noi, nel rosario di accuse e invettive contro l’Occidente, Putin è quello di sempre. La Russia una vittima, orgogliosa quanto si vuole, ma pur sempre una vittima dell’imperialismo occidentale. Manco fossimo nei primi ‘60, mentre a Berlino veniva costruito il Muro. Qualcuno avverta il tenente colonnello del Kgb di stanza a Dresda nel 1989, che il Muro non c’è più, che il suo mondo si è sgretolato per l’inconsistenza della follia del socialismo reale e riproporlo in salsa zarista è soltanto un tragico capriccio storico. Quello che lascia basiti, oltre le panzane sulle sanzioni (la Russia, fra le mille altre cose, è a un passo dal primo default in 100 anni di storia a causa delle sanzioni), è il cinismo rivoltante con cui Putin continua a parlare dell’operazione militare speciale” in Ucraina. Non un cenno sulle migliaia di morti, feriti, dispersi e profughi fra i civili, non un moto di compassione per le centinaia di bambini vittime della sua sporca guerra. Fino al climax di un discorso allucinato, in cui lo zar fa la faccia magnanima, ricordando che Mosca (per ora) non ha spianato completamente le città ucraine. Certo, gli sarà momentaneamente sfuggito di Mariupol, Irpin, Bucha e altre decine di esempi, ma che volete che sia, questo è il mondo secondo zio Vlad. Un mondo di odio per gli Usa, l’Ue (brucia la missione di Draghi, Macron e Scholz a Kiev, vero?), di ricatti dal gas alle armi, arrivando all’ immancabile accenno alla minaccia nucleare. Francamente un incubo.   Di Fulvio Giuliiani

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