Vladimir Putin è in default politico. Giustamente concentrati sul raccontare i drammi e le violenze della guerra russa in Ucraina, non si è data ancora la dovuta attenzione agli errori politici, strategici e militari del presidente russo. L’invasione dell’Ucraina appare infatti un concentrato di calcoli sbagliati.
Il primo errore riguarda la previsione che – davanti alla violazione dei confini e della sovranità di uno Stato libero – l’Occidente si sarebbe diviso: con l’Unione europea da una parte, gli Stati Uniti dall’altra e con la stessa Ue spaccata al proprio interno nella risposta da dare all’aggressione russa. Ebbene tutto questo non è accaduto. Nell’Ue Paesi come la Germania e l’Italia, in parte dipendenti dal gas russo, non hanno tentennato neppure un secondo nel reagire con durezza all’invasione decisa da Putin. Una compattezza che ha tenuto insieme la risposta economica (le sanzioni imposte a Mosca) e quella militare con la decisione comune di armare la resistenza degli ucraini per permettere loro di difendere il proprio Paese. Se poi spostiamo l’attenzione ai rapporti atlantici vediamo che la sinergia tra Usa e Ue è pressoché totale.
Un altro errore di previsione commesso da Putin riguarda la Nato. Se il suo scopo, invadendo l’Ucraina, era quello di tenerla distante dai confini russi ebbene è accaduto esattamente il contrario. Memori della dittatura comunista del secolo scorso, i Paesi dell’Est europeo – dalla Polonia alla Repubblica Ceca passando per gli Stati baltici – sono infatti diventati ancora più atlantici e la stessa Nato non ha perso tempo a rafforzare le difese dei propri Stati membri.
E poiché in politica è sempre la somma a fare il totale (per citare una battuta di Totò), questi due errori politici si sono trascinati dietro anche un errore militare e strategico. Armata dagli alleati occidentali, la resistenza ucraina si è infatti rivelata per l’esercito russo più forte del previsto, determinando così uno stallo dove Mosca è troppo forte per perdere ma è anche assai debole per vincere. L’allungarsi della guerra, tra l’altro, rischia di spazientire la Cina di Xi Jinping, da molti considerata alleata di Putin ma in realtà affacciata sulla finestra di una crisi da cui sa cosa non vuole: la destabilizzazione dell’economia globale e quindi anche di quella di Pechino che ne è protagonista.
Sottolineare questi errori strategici di Putin è oggi necessario dopo che per anni una buona parte dei commentatori e della stampa occidentale ne hanno descritto le abilità politiche, ingigantendole oltre la realtà. In questo imbuto in cui la Russia si è infilata vi è pure da considerare l’arretramento delle condizioni del Paese e dei suoi cittadini. Un arretramento che sta spingendo l’economia russa indietro di quindici, vent’anni. Tutto questo – diciamolo chiaramente – più che a una strategia assomiglia a un harakiri.
di Massimiliano LenziLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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