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Volodomyr Zelensky. L’uomo dell’anno

Zelensky ha messo in scacco l’aggressore e distrutto mediaticamente Putin, ormai ridotto a un fantasma politico

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Volodomyr Zelensky. L’uomo dell’anno

Zelensky ha messo in scacco l’aggressore e distrutto mediaticamente Putin, ormai ridotto a un fantasma politico

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Volodomyr Zelensky. L’uomo dell’anno

Zelensky ha messo in scacco l’aggressore e distrutto mediaticamente Putin, ormai ridotto a un fantasma politico

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Zelensky ha messo in scacco l’aggressore e distrutto mediaticamente Putin, ormai ridotto a un fantasma politico

La visita a Washington di Volodomyr Zelensky è stata un trionfo. Prima ancora di analizzare gli aspetti più legati alla figura del presidente ucraino, le stesse immagini dell’arrivo di un capo di Stato in guerra, l’iconografia ormai familiare del suo look paramilitare, il colloquio nello Studio ovale, la conferenza stampa con il presidente Biden e lo storico discorso davanti al Congresso Usa hanno sancito e cristallizzato la vittoria ucraina e di Zelensky su Vladimir Putin. Il dittatore di Mosca ha perso, mentre schiuma rabbia e farnetica di inesistenti «responsabilità» collettive per la «tragedia» in Ucraina. Tragedia che ha un solo responsabile, lui stesso. Tutto ciò, però, non significa che la guerra stia per finire, tutt’altro.

Partendo proprio da questa considerazione, si arriva al nocciolo o almeno a uno degli elementi-chiave della prima visita all’estero di Volodomyr Zelensky dopo 300 giorni di invasione. Le ripetute assicurazioni di Joe Biden sulla solidità dell’aiuto americano, l’ufficializzazione dell’invio dei missili Patriot per la difesa dei cieli ucraini, le astronomiche cifre sottolineate dal capo della Casa Bianca (50 miliardi di dollari in aiuti militari e non solo), lo stesso atteggiamento verbale e il linguaggio del corpo di Biden nei suoi confronti hanno spazzato via ogni dubbio che il pallino politico e diplomatico sia lasciato dall’Occidente nelle mani di Zelensky. È semplicemente fuori discussione che si possa intavolare una qualsivoglia trattativa con Mosca non diciamo ignorando, ma neppure forzando la mano al governo di Kiev. Questo è un dato politico, richiamato più volte da Joe Biden, nel sottolineare l’assoluta unità occidentale sul punto. Dato politico, peraltro, che ha un peso e un costo: Biden non ha certo ricordato a caso le «ore di colloqui» con gli alleati e Zelensky sa di avere l’appoggio delle cancellerie Nato e di buona parte delle opinioni pubbliche dei Paesi occidentali, ma anche che assegni in bianco e sine die non esistono in politica estera. Neppure davanti allo sconcio dell’aggressione russa.

L’uomo che Vladimir Putin voleva fisicamente eliminare nelle prime 24 ore di guerra, il presidente a cui non credevano per primi gli Usa (si offrirono di prelevarlo da Kiev per salvargli la vita, quando la fine dell’Ucraina sembrava questione di ore) ha sorpreso il mondo, messo in scacco l’aggressore e distrutto mediaticamente Putin, ormai ridotto a un fantasma politico. Eppure, è proprio nel momento di maggior forza – mentre sul terreno, grazie all’appoggio Nato, ha messo a segno una serie di colpi sorprendenti – che Zelensky dovrà essere capace di bilanciare la propaganda e le operazioni militari di riconquista dei territori occupati con l’analisi su quando dare un segnale politico di via libera alla diplomazia. A nessun osservatore è sfuggita la vaghezza dei riferimenti in tal senso del presidente ucraino a Washington, anche nell’appassionato ed emozionante discorso tenuto davanti al Congresso. Non è indeterminatezza o indecisione: Zelensky sa di essere arrivato ai mesi decisivi in una posizione di forza, che di per sé non gli può garantire di centrare tutti gli obiettivi. Il pallino, insomma, non va sprecato.

Se Volodomyr Zelensky torna trionfatore da Washington e ingigantito nella sua dimensione di leader internazionale, la statura di Joe Biden emerge quanto mai rafforzata. Anche nella lucida capacità del presidente americano di sottolineare, davanti all’ospite, l’esigenza degli alleati europei di evitare una escalation con la Russia e la loro ansia di non poter reggere troppo a lungo buona parte dei costi economici e politici della guerra. Un conflitto – non dimentichiamolo mai – che il popolo ucraino sta combattendo per procura per tutti noi.

Di Fulvio Giuliani

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