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Xi e la rivoluzione familiare cinese

La rivoluzione cinese: corsi d’amore per i single allo scopo di svelar loro le gioie dello stare insieme, dello sposarsi e soprattutto del fare dei figli

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La rivoluzione cinese: corsi d’amore per i single allo scopo di svelar loro le gioie dello stare insieme, dello sposarsi e soprattutto del fare dei figli

Corsi d’amore per i single allo scopo di svelar loro quelle che potrebbero essere le gioie dello stare insieme, dello sposarsi ma soprattutto del fare dei figli. Un vasto programma, insomma. La svolta romantica della Cina comunista di Xi Jinping sembra una via di mezzo fra l’ossessione di Benito Mussolini per la demografia (convinto, come tutti i dittatori, che il numero significasse potenza) e una campagna per la famiglia, quasi liturgica nella sua pedagogia.

Dopo la politica del figlio unico e maschio da cui la Cina è tornata indietro da un po’ di anni (avendone compreso gli effetti collaterali), il nuovo corso familiare del Dragone non riesce a decollare nonostante gli sforzi del governo comunista. Troppi maschi in una società, si sa, non sono il miglior viatico all’amore di coppia eterosessuale. Ma soprattutto i giovani cinesi non sembrano essere interessati a famiglie numerose. La rivoluzione dei corsi d’amore appare dunque come una sfida controcorrente, non disperata ma quasi.

Stando al “Financial Times”, che ha svelato la notizia, i governi locali starebbero sondando a tappeto le donne sposate. Chiedendo loro se hanno intenzione di avere figli. E sarebbero persino pronti a offrire sussidi alle coppie per incoraggiarle ad avere più di un figlio. Fra le mosse messe in campo dalla Cina c’è pure quella dei corsi d’amore. Con delle vere e proprie lezioni indirizzate agli studenti single per offrire loro una «conoscenza sistematica del matrimonio».

Ma la svolta politica non finisce qui. Poiché, per risalire dalla crisi delle nascite, Xi Jinping starebbe lavorando a un piano per costruire «una società favorevole alle nascite». Puntando su incentivi e sostegni economici. In questo il telefono è diventato uno strumento prezioso per spingere la rivoluzione familiare cinese. Al punto che le donne giovani e sposate, fra i venti e i trent’anni, ricevono chiamate da funzionari in tutte le zone del Paese. Per essere messe a conoscenza dei programmi sulla maternità a cui il governo sta lavorando. Sempre stando al “Financial Times”, a queste donne verrebbe addirittura proposto un premio di circa 14 mila dollari nel caso d’una seconda maternità.

Funzionerà? Difficile fare previsioni, visto che – rispetto alla politica del figlio unico cominciata nel 1980 e andata avanti per oltre trent’anni – l’inversione di comportamento e abitudini proposta è copernicana. Gli ostacoli sono vari. Dal fatto che oggi molte giovani donne in Cina lavorano e coltivano aspirazioni di carriera, sino al tema (eterno) dei costi di una famiglia numerosa. La crisi demografica in Occidente ha mostrato in questi anni che il calo della natalità è questione più culturale e di stili di vita che di denaro. E non si capisce perché in Cina dovrebbe esser diverso.

Quel che è certo, stando ai calcoli effettuati dal governo di Pechino, è che per evitare un crescente invecchiamento della popolazione una coppia dovrebbe raggiungere la media di 2,1 figli. Obiettivo che permetterebbe di raggiungere il tasso di sostituzione della popolazione. Dal libretto rosso di Mao ai corsi d’amore di Xi Jinping il salto è tutt’altro che breve. Ma è pur vero che oggi la metamorfosi cinese si riassume in questa sfida controcorrente rispetto allo spirito dei tempi: la rivoluzione familiare.

Di Massimiliano Lenzi

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