AUTORE: Maurizio Stefanini
Una crisi dopo l’altra al confine Est, e l’Europa avverte sempre più quale sia il problema di non avere una propria forza militare autonoma. Evidentemente non in contrapposizione alla Nato, evidentemente in coordinamento con le forze armate dei Paesi membri, ma comunque in grado di far sentire il suo peso in modo da determinare una differenza positiva.
Continua infatti in Bielorussia l’emergenza per i migranti medio-orientali che Lukashenko sta spingendo verso i confini polacchi della Ue dopo averli rastrellati in tutto il Medio Oriente. È vero che sono state comminate al governo bielorusso nuove sanzioni da parte di Stati Uniti, Unione europea, Regno Unito e Canada, ma evidentemente non bastano.
Ancora più inquietante è l’allarme per i 175mila soldati che Putin avrebbe ammassato al confine con l’Ucraina per far partire un blitz a gennaio. Al momento ha dovuto essere Biden a promettere una garanzia al governo di Kiev. Non si sa però quanto affidabile, dopo lo spettacolo cui abbiamo avuto modo di assistere a Kabul. Ma in ogni caso, per dirla alla Stalin, la Casa Bianca un po’ di divisioni per respingere i soldati russi le ha; Bruxelles sicuramente no.
Ancora più complicato è l’intrico fra Serbia, Bosnia-Erzegovina e Kosovo. Tutti e tre hanno firmato con la Ue un accordo di stabilizzazione e associazione, un primo passo verso l’adesione all’Unione per la quale Serbia e Bosnia-Erzegovina hanno fatto domanda. In Kosovo l’euro è valuta ufficiale, mentre il marco bosniaco vi è agganciato con un cambio fisso. Inoltre, finora è stato sempre un cittadino della Ue l’Alto Commissario istituito dagli accordi di Dayton per supervisionare la pace in Bosnia-Erzegovina. Ma in questo momento da una parte c’è il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik che dopo aver annunciato il trasferimento alla Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina (Srpska) di servizi sinora affidati alle istituzioni centrali – fisco, intelligence, giustizia e agenzia per il farmaco – insiste nel volere anche un esercito serbo autonomo, pur assicurando di non essere contro la convivenza con musulmani e croati. Anche lui si appoggia a Putin: «Mi ascolta e non mi chiede nulla, a differenza dei leader occidentali» spiega, definendo «solo arroganza» le sanzioni minacciate da Bruxelles. Dall’altra c’è invece il primo ministro del Kosovo Albin Kurti che denuncia il «ruolo distruttivo» della Serbia nella regione: «Abbiamo a che fare con uno Stato che non riconosce il Kosovo, che è autocratico e filo-Mosca». Intanto è la stessa Serbia a essere scossa da una protesta ambientalista che ha bloccato i ponti e le strade nelle sue principali città, contro l’offerta di nuove concessioni minerarie a multinazionali come Rio Tinto e la cinese Zijin. Insomma, se l’Europa resta immobile rischia davvero di farsi male.
di Maurizio Stefanini
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
- Tag: esteri
Leggi anche

“Gaza brucia”, il ministro della Difesa di Israele Katz spegne il futuro dei civili della Striscia
17 Settembre 2025
A poche ore dall’inizio dell’offensiva, l’esercito israeliano avrebbe preso il controllo del 40% d…

Trump contro la stampa non è una bellezza
17 Settembre 2025
Nella seconda era di Trump alla Casa Bianca, la stampa americana – quella che in passato ha fatto…

Truppe di Israele a Gaza City, Idf: “Potente attacco”. Trump: “Non ho parlato con Netanyahu prima dell’inizio dell’operazione”. Onu: “La carneficina deve finire”
16 Settembre 2025
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu conferma l’inizio dell’operazione di terra a Gaza…

Trump contro il New York Times: causa da 15 miliardi per diffamazione
16 Settembre 2025
Trump contro il New York Times: causa da 15 miliardi di dollari per diffamazione. L’azione legale…
Iscriviti alla newsletter de
La Ragione
Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.