Immaginare quei bambini ti stringe lo stomaco e accartoccia il cuore. Abbiamo a lungo parlato dell’Afghanistan, pensando agli equilibri di potenza, scandagliando i rapporti fra i talebani e gli altri fondamentalisti, a partire dall’Isis, ricordando i lunghi anni della presenza militare occidentale, colpevolmente taciuti nei Paesi, compreso il nostro, da cui le missioni partivano e di cui si doveva essere orgogliosi. Ma c’è quell’Afghanistan che ora è alla fame e c’è quella legione di bambini usati come schiavi sessuali.
Il merito di averceli messi sotto al naso va a Pierluigi Bussi, su “La Stampa”. Un racconto che corrode. La sera, verso il confine con il Pakistan, gli schiavisti motorizzati passano a prelevare i bambini degli accampamenti: fra loro orfani, abbandonati a sé stessi, altri con famiglie che non riescono più a comperare da mangiare, nel gelo, privi di tutto. Li prendono e li portano verso i parcheggi dei camion pakistani e lì cominciano a entrare negli abitacoli, per essere violentati. Un poliziotto racconta che a volte li sente urlare, ma non c’è niente da fare.
Questo avviene sotto un regime che condanna a morte gli omosessuali, che punisce l’infedeltà coniugale. Quella nostra presenza militare non era riuscita a far nascere un’entità statuale, non aveva potuto sradicare i potentati tribali né poteva durare in eterno. Ma ieri ci dimenticammo di guardare con ammirazione ai nostri ragazzi che rischiavano e perdevano lì la vita, oggi ci dimentichiamo di guardare a quei bambini.
La Redazione
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Tag: Afghanistan
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