Cinquemilaottocento russi morti nell’invasione
Girasoli sulle tombe dell’esercito di Mosca.
Cinquemilaottocento russi morti nell’invasione
Girasoli sulle tombe dell’esercito di Mosca.
Cinquemilaottocento russi morti nell’invasione
Girasoli sulle tombe dell’esercito di Mosca.
Girasoli sulle tombe dell’esercito di Mosca.
Mille vittime tra i civili ucraini finora, secondo le stime. Tra loro anche un collega di Olga Tokariuk, giornalista ucraina legata da uno speciale rapporto con l’Italia: «Questa guerra si è presa per la prima volta una persona che conosco. Yevhenii Sakun è stato ucciso ieri dal missile russo lanciato sul Babyn Yar, insieme a quattro altre persone. È stato un piacere lavorare con lui. Sono devastata da questa notizia. Che la memoria di lui possa essere eterna».
I bombardamenti indiscriminati di civili ucraini da parte dei russi sono aumentati al crescere degli insuccessi bellici, testimoniando un livello alto di perdite tra i ranghi militari. I numeri condivisi dall’esercito ucraino sono catastrofici: più di 5.800 russi morti dall’inizio della guerra: «Ci dispiace per loro, ci sembrano delle bestie al macello. I russi continuano a venire a ondate. E noi soldati ucraini continuiamo a falcidiarli. Come se venissero messi su un nastro trasportatore dai loro comandanti» così si confessa un soldato di Kyiv al giornalista Ayder Muzhadabaev del canale tv ucraino “Atr”.
Situazioni che non si vedevano dalla guerra russo-finnica del 1939 – anche quella provocata a tavolino da Mosca – in cui l’Armata Rossa pianse 400000 vittime tra morti e feriti.”
Probabilmente è perché non si diffondano testimonianze di questo tipo che ieri il comando russo ha cercato di abbattere la torre tv di Kyiv, mancando l’obiettivo ma uccidendo il collega della Tokariuk e un’intera famiglia innocente (compresi due bambini) nonché colpendo il vicino cimitero ebraico. Se le perdite russe sono così ingenti da preoccupare i difensori, è inimmaginabile lo stato di frustrazione psicologica nel quale versano i soldati di Mosca, stretti tra il silenzio imposto alle fonti d’informazione e la vista di prima mano dei compagni caduti e delle brigate decimate.
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Roskomnadzor, l’ufficio della censura di Stato in Russia, ha ordinato la chiusura della radio “L’Eco di Mosca” che non ha accettato le nuove linee-guida che vietano l’uso della parola invasione o anche solo l’accenno alla perdite di guerra. Purtroppo per Putin, e con grande sgomento degli analisti, la stragrande maggioranza delle comunicazioni russe avvengono “in chiaro”, senza cifratura, apparentemente per mancanza di mezzi.
I giornalisti inglesi hanno quindi raccolto numerose testimonianze di soldati russi in lacrime, intenti a lamentarsi per la mancanza di rifornimenti, addirittura impegnati a insultarsi tra loro. E poi una conversazione – intercettata questa volta ad Aleysk, in Russia – ben più lugubre: «Sono arrivate le bare». «Sì? Poveri ragazzi». «Solo 18 su 150 sono sopravvissuti» dice una donna piangendo. Sono i parenti dei soldati della 35esima brigata russa, partita dai monti Altaj e sparita tra i fanghi della rasputitsa ucraina.
Reso spietato dalla disperazione, un comandante russo ha minacciato direttamente il sindaco della città ucraina di Konotop, a Est di Kyiv, di raderla al suolo con l’artiglieria se non si fosse arresa senza combattere. Il sindaco ha girato la domanda ai cittadini che in coro hanno urlato la loro risposta: «Combattere!». Per evitare che la folla lo linciasse, l’ufficiale ha estratto due granate dalla tasca e agitandole in aria si è fatto strada fino alla sua jeep, anche se la minaccia non l’ha salvato da qualche calcio nel sedere mentre nell’audio del video si sente distintamente gridargli: «Gloria all’Ucraina, figlio di puttana!».
di Camillo Bosco
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