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Come i resistenti hanno salvato Kiev

Il disastro militare Russo visto da vicino, nei suoi punti cardine. Come la strategia d’attacco di Putin si è sgretolata davanti alla resistenza tenace del popolo ucraino.

Come i resistenti hanno salvato Kiev

Il disastro militare Russo visto da vicino, nei suoi punti cardine. Come la strategia d’attacco di Putin si è sgretolata davanti alla resistenza tenace del popolo ucraino.

Come i resistenti hanno salvato Kiev

Il disastro militare Russo visto da vicino, nei suoi punti cardine. Come la strategia d’attacco di Putin si è sgretolata davanti alla resistenza tenace del popolo ucraino.
Il disastro militare Russo visto da vicino, nei suoi punti cardine. Come la strategia d’attacco di Putin si è sgretolata davanti alla resistenza tenace del popolo ucraino.

«L’assalto russo a Kyiv è stato un catastrofico fallimento militare per Mosca e una vittoria schiacciante per l’Ucraina» sostiene senza mezzi termini l’analista Tomi Ahonen. Rilevando la disfatta russa («Una battaglia terminata il 31 marzo con la ritirata totale dell’aggressore»), sostiene che vi fossero due piani elaborati dal comando russo per ottenere la città.

Quello principale si proponeva di occuparla in poche ore grazie al largo impiego di truppe aviotrasportate: «È stata impiegata una forza d’assalto aereo di mille uomini imbarcati su 30 elicotteri Mil Mi-17 e scortati dagli elicotteri d’assalto Hind e Alligator. Aveva l’obiettivo di conquistare l’aeroporto Antonov a Hostomel, le cui piste avrebbero permesso agli aerei cargo Ilyushin Il-76 di far atterrare altri 7mila uomini e i loro veicoli blindati per prendere il palazzo presidenziale e le stazioni tv». Gli spetsnaz in telnyashka (questo il nome della loro tipica maglietta a righe azzurre) hanno però trovato ad attenderli la Quarta brigata di Risposta rapida ucraina: l’unità, unica in tutto l’esercito di Zelensky a potersi fregiare della prestigiosa qualifica di preparazione “Livello Nato”, ne ha fatto semplicemente polpette. A quel punto, spiega Ahonen, «gli Ilyushin sono dovuti tornare indietro e quando una seconda ondata di paracadutisti è riuscita infine a prendere possesso dell’aeroporto gli ucraini l’avevano già reso inutilizzabile».

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Fallita l’ipotesi dell’assalto aereo fulmineo, i russi hanno quindi ripiegato sul piano di riserva. L’assalto prevedeva lo stesso trattamento riservato poi a Mariupol: accerchiamento della città con stesura di campi minati (per impedirne l’abbandono e le sortite) e sistematico livellamento di ogni artefatto umano sino alla resa incondizionata degli assediati. «Il piano russo – riassume Ahonen – era diventato quello di raggiungere il prima possibile il sobborgo di Hostomel con la 35° armata, forte di 70mila uomini e 7mila veicoli corazzati, rifornirne gli elementi il giorno successivo, isolare la capitale e infine scatenare le artiglierie». Nessun rifornimento ha però raggiunto la famosa “colonna di 64 km”: una squadra di soli 30 commando, guidata dal colonnello ucraino Yaroslav Honchar, ha infatti finto di essere una brigata intera – muovendosi su veloci quad nelle foreste paludose – e ha lanciato attacchi fulminei, specialmente notturni, contro i convogli di rifornimento. «Il comando russo non ha compreso la realtà della situazione fino all’11 marzo circa. A quel punto hanno diviso i rifornimenti in più convogli su strade secondarie e così qualcosa è arrivato al fronte, ma non prima del 14 marzo. Questo ritardo ha salvato la città».

In quelle settimane i difensori sono infatti riusciti ad ammassare munizioni e a erigere difese. «A 17 km dalla capitale, l’Ucraina ha così respinto definitivamente gli invasori». Tanto che al generale Chayko, personalmente mandato al fronte dal criminale Putin per sbloccare la situazione, non è rimasta altra scelta che ordinare la veloce e sanguinosa ritirata le cui immagini hanno fatto il giro del mondo. Così Kyiv è stata salvata. Slava Ukraini, Herojam Slava: gloria all’Ucraina e ai suoi eroi.

  di Camillo Bosco

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