Il ciuffo di Giuseppe Conte appare in ordine, così come la sua pochette. Rieletto presidente dei fanculotti dopo la detronizzazione stabilita dal Tribunale di Napoli, procede a testa alta e incita i 55.618 coraggiosi che hanno ingoiato la broda della piattaforma Rousseau. Purtroppo la realtà s’impone e intristisce ogni prospettiva. Abbandonate sul campo tutte le promesse elettorali, il Movimento appare balcanizzato, dissanguato dall’emorragia di parlamentari, prosciugato nella base militante, indeciso su ogni tema che non sia il prolungamento a oltranza della legislatura.
Contrario all’aumento delle spese militari da lui stesso deciso a Palazzo Chigi, l’ex presidente del Consiglio dovrà ora scegliere se essere un capo politico della futura opposizione (in grado quindi di piegare il neo atlantista Di Maio) oppure un semplice portavoce buono soltanto per i completi di fine stagione. «Il voto dimostra di che pasta è fatto il Movimento» ha gioito Toninelli, uno che si esalta per il nulla. Capita anche questo, quando si decide di passare da “uno vale uno” a “uno contro nessuno”.
Di Vittorio Pezzuto
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