Corea del Nord e la morte non per gioco
La vicenda dello studente nordcoreano condannato a morte per aver importato una copia di “Squid Game” fa luce ancora una volta sul regime che schiaccia la Corea del Nord, tanto da non tollerare che i suoi sudditi possano accedere a qualsiasi tipo di materiale straniero. Neppure a una serie tv.
        
        		
				
	
		
	
		
        
	
		
	
		
        
        
    
Corea del Nord e la morte non per gioco
La vicenda dello studente nordcoreano condannato a morte per aver importato una copia di “Squid Game” fa luce ancora una volta sul regime che schiaccia la Corea del Nord, tanto da non tollerare che i suoi sudditi possano accedere a qualsiasi tipo di materiale straniero. Neppure a una serie tv.
        
                        		
				
	
		
	
		
        
	
		
	
		
        
        
    
Corea del Nord e la morte non per gioco
La vicenda dello studente nordcoreano condannato a morte per aver importato una copia di “Squid Game” fa luce ancora una volta sul regime che schiaccia la Corea del Nord, tanto da non tollerare che i suoi sudditi possano accedere a qualsiasi tipo di materiale straniero. Neppure a una serie tv.
        
                        		
				
	
		
	
		
        
	
		
	
		
        
        
    
AUTORE: Vittorio Pezzuto
Stando alla ricostruzione diffusa da “Radio Free Asia”, uno studente nordcoreano è stato condannato a morte per aver importato di nascosto dalla Cina una copia di “Squid Game”: dopo averla caricata su una chiavetta Usb, aveva diffuso la serie tv sudcoreana fra amici. Chi l’ha acquistata si è visto comminare l’ergastolo, quelli che si erano limitati a mostrare interesse se la sono cavata con cinque anni di lavori forzati. Il regime che schiaccia la Corea del Nord – talmente ortodosso nel suo comunismo da essere retto da una dinastia familiare – non tollera che i suoi stremati sudditi possano accedere a qualsivoglia materiale straniero.
Devono restare sigillati a vita in una bolla distopica che offre loro soltanto carestia, campi di lavoro e culto parossistico del leader: i frutti proibiti del capitalismo, soprattutto di quello che prospera al di sotto del 38esimo parallelo, ne corromperebbero facilmente la purezza ideologica.
Eppure il plot di “Squid Game” potrebbe fare il gioco della nomenkatura: quel gruppo di miserabili disposti anche a morire pur di vincere un grosso premio in denaro potrebbe essere esibito come prova del decadentismo di una società senza valori e freni morali. Ma qui sta il punto: nella finzione televisiva i disperati che ambiscono al benessere misurandosi in giochi infantili dall’esito mortale sono appena 456. In tutta la Corea del Nord sono invece più di 25 milioni e alcuni di questi accettano di mettere in gioco la vita pur di potersi svagare nella visione di una serie tv.
 
Di Vittorio Pezzuto
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