Il patriarca ortodosso di Mosca Kirill ha scelto di schierarsi apertamente con Putin creando una profonda spaccatura tra il Vaticano e la Chiesa russa. Il tutto nella settimana cruciale in cui si assiste ad una profonda offensiva di Putin nel Donbass.
Non bastassero le parole di Zelensky, secondo cui la grande battaglia è già cominciata, domenica tutto il mondo ha potuto vedere le immagini satellitari della colonna di mezzi russi nello Stato che non c’è, la regione del Transnistria, diretti verso l’Est dell’Ucraina. 12 km di blindati e mezzi della logistica, che ricordano i 60 km che sono andati ingloriosamente a schiantarsi sulla resistenza a Nord di Kiev. Peraltro, secondo il governatore della regione di Kharkiv, mezzi già decimati da droni e anticarro ucraini.
Proprio la durissima lezione subìta dall’esercito russo, la sua riorganizzazione, il cambio di comando sul terreno fanno presagire un’offensiva di grande violenza, con l’obiettivo di piegare la resistenza a Sud e consentire a Mosca di reclamare una vittoria militarmente indiscutibile. La prima.
Dalla Bielorussia, invece, i russi starebbero movimentando uomini e mezzi in treno: immagini che riportano dritto alla Seconda guerra mondiale. Da settimane, del resto, ragioniamo su come il “generale Tempo” non lavori per Putin, permettendo agli ucraini di accumulare risorse e materiale bellico, mentre si avvicina a grandi passi la data – il 9 maggio – indicata baldanzosamente dal Cremlino come quella della vittoria.
L’Occidente non sarà semplice spettatore: sia chiaro, nessun Paese Nato ha intenzione di schierare uomini o mezzi direttamente contro Putin. Oltre le forniture di armi (quelle di cui si ha piena conoscenza e quelle sulle quali non c’è stata disclosure da parte americana ed europea), Usa e Nato stanno aiutando Kiev, in vista della battaglia del Donbass, con un altrettanto cruciale supporto logistico e di capacità di intelligence. Avere piena consapevolezza di quanto accada sul terreno in tempo reale fa la differenza, perché informazioni e dati sono decisivi per la guerra e hanno già spiazzato i russi.
Per aiutare tutti noi a comprendere la psicologia del regime putiniano, intanto, risulta molto utile il patriarca ortodosso di Mosca Kirill, che non ha perso l’occasione di benedire ancora l’armata e la sua guerra per il popolo russo. È l’ennesimo, sperticato appoggio alla politica di Putin e all’invasione illegale dell’Ucraina da parte di un uomo di fede (o sedicente tale, a questo punto) che non si è fatto il minimo scrupolo – ricordiamo – di assicurare il proprio sostegno benedicente alla crociata del dittatore contro la ‘lobby gay’.
Kirill, non contento, ha ribadito il suo pieno allineamento alla guerra, subito dopo l’accorato appello di papa Francesco per una tregua «almeno per Pasqua». Uno schiaffo al pontefice, che ricorda un altro dei disastri di questa guerra: la voragine che si è aperta tra il Vaticano e la Chiesa ortodossa russa, per non parlare di quella ucraina, che ha chiesto ieri il processo per Kirill davanti al tribunale ecclesiastico. Non appaia conseguenza di poco conto, considerata la presa del Patriarcato ortodosso sulle fasce di popolazione russa già molto sensibili ai messaggi del Cremlino e il depotenziamento di fatto della diplomazia vaticana. Nel momento in cui, oltretutto, gli sforzi per portare russi e ucraini a un tavolo delle trattative – pur sembrate per un breve istante possibili e concrete – sembrano essere finiti in un vicolo cieco.
Putin ha bisogno del Donbass perché ha bisogno di una vittoria. Sarà pure profondamente diversa da quella annunciata, di minore portata quanto si voglia, ma senza non sembra voler alcun dialogo. A ricordarcelo, c’è la lettura della strategia terrorista sui civili. Putin ci ‘parla’ con chiarezza, sta a noi volerlo ‘ascoltare’ o berci le balle della propaganda, sport di un certo successo in Italia fra chi non vede l’ora di concedergli qualcosa (il Donbass, in genere) pur di ammansirlo.
Errore fatale, perché l’Ucraina è solo una tappa e il grande boccone siamo noi, l’Occidente.
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