Dalla rivoluzione a Maurizio Costanzo. È morto Paolo Pietrangeli, cantautore, regista e sceneggiatore, autore della canzone “Contessa”, inno simbolo del Sessantotto e anche delle sue bischerate. Citiamo dai versi di “Contessa”: «Del resto, mia cara, di che si stupisce? Anche l’operaio vuole il figlio dottore». Ebbene oggi – 2021 – che la mobilità sociale per i figli degli operai non esiste praticamente più (e manco gli operai) possiamo renderci conto di quanto quel verso fosse fuori fuoco. Come un altro, meno poetico e più antagonista. «Compagni, dai campi e dalle officine / Prendete la falce, portate il martello / Scendete giù in piazza, picchiate con quello / Scendete giù in piazza, affossate il sistema».
Erano anni di ribellione, quelli del Sessantotto. Anche di aneliti di libertà. Ma molti di quei sogni son finiti altrove. Non certo nella rivoluzione. La carriera di Pietrangeli, uomo di talenti, è poi approdata alla regia del “Maurizio Costanzo Show” su una rete di Silvio Berlusconi, nulla a che vedere con la rivoluzione d’Ottobre dato che andava pure in onda da un teatro romano ai Parioli. Un contrappasso che è simbolo del disincanto del Sessantotto italiano, gran parte dei protagonisti del quale anziché passare alla storia si è fatta élite. Con la morte di Paolo Pietrangeli se ne va un talento ma per favore, adesso che non c’è più, non cucitegli addosso un santino. Un sessantottino non sarebbe d’accordo, i santini son roba da preti. Tutto, ma non il conformismo del dopo. Quello è costume da contesse.
Di Aldo Smilzo
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