La scuola riapre perché rinunciare a farlo è un danno permanente per i più giovani. Deve restare aperta perché così accade negli altri Paesi europei, anche quelli con maggiori problemi rispetto all’Italia, il che crea un vantaggio competitivo per i loro ragazzi. Certo che aprire comporta un rischio, ma rimediare ai guasti è meglio che guastare tutto. Su questo Draghi è stato fermo, ma ha anche ribadito la necessità dell’unità. Più un’invocazione che una constatazione. Si è assunto la responsabilità della mancata conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri. Ha fatto bene ed è un atto di forza. Lo prendiamo come segnale di una guida non indebolita.
Le cose tristi sono tre: a. i trasporti sono quelli di sempre e saranno il luogo di maggiore rischio; b. le aule non hanno alcun nuovo impianto di areazione; c. la didattica a distanza resta una roba rudimentale e inaccettabile. La cosa positiva è che gli insegnanti che non si sono voluti vaccinare sono pari allo 0,72%. Nulla. E noi, ossessivamente, continuiamo a parlare del nulla.
L’Italia ha bisogno di una poderosa iniezione di senso della realtà. Fra demagogia politica e spettacolarizzazione dell’informazione si finisce con l’abitare un mondo irreale, talché il Paese europeo più indebitato dibatte su come meglio distribuire bonus finanziati da presunti tesoretti. Oppure si discute di vaccini, aperture e chiusure sulla scia di un infinito ed estenuante talk in camice bianco e politica variopinta, facendo pernacchie al buon senso e, purtroppo, con un pessimo vocabolario (parlare di “cavie” è inammissibile).
Lo hanno capito anche i paracarri che l’ultima variante è molto più contagiosa, ma i vaccini fanno argine. Messa così, però, non serve a niente e la contabilità dei contagiati è più una nota di colore che un’informazione utile a decidere o decidersi. Serve sapere, in modo continuo e aggiornato: quanti dei ricoverati e quanti di quelli che finiscono in terapia intensiva sono vaccinati – rispettivamente con una, due o tre dosi – così come serve sapere quanti non lo sono. Ieri è finalmente stato fatto, ma va ripetuto e aggiornato.
Vediamo numeri omogenei nel mondo, sappiamo che dal serbatoio sempre più piccolo dei non vaccinati arriva la parte sempre più grande dei ricoverati, ma sono numeri che vanno dati con precisione, aggregati perché siano comprensibili, come è stato fatto, e disaggregati (regione per regione) perché siano analizzabili. E vanno diffusi non per far propaganda, ma per stroncare le propagande. Ad esempio: sappiamo (ma vorremmo dati precisi) che la percentuale dei vaccinati, fra i defunti per Covid, è alta, più o meno pari a quella dei non vaccinati; non va nascosto, va spiegato: non dimostra che il vaccino non funziona, ma deriva dal fatto che quasi tutta la popolazione anziana è vaccinata e più si è anziani più si muore. Vale sempre. Quando fossimo vaccinati al 100% la totalità dei contagiati e dei morti sarebbe vaccinato, ovvio, ma assai meno numeroso delle bare portate via dall’esercito. I cittadini non sono cretini, le cose si spiegano, lasciando in cortile gli svalvolati che sostengono il vaccino renda immortali e i loro colleghi che dicono se ne muoia.
Infine: per non morire di virus non si deve neanche campare di virus, c’è dell’altro. Il 2021 s’è chiuso adempiendo ai 51 obblighi per avere i soldi dell’Unione europea, ma erano i più facili e ora ne incombono 47 più complicati. Si chiedono risultati a fronte di 222 miliardi di finanziamenti, di cui 123 in prestito a un tasso favorevolissimo, ma pur sempre debito. Noi italiani ne abbiamo presi per tre volte tutti gli altri sommati assieme, il che serva anche agli allocchi che vanno chiedendo se insistiamo sui soldi del Mes sanitario: svegliatevi, stiamo chiedendo che il Mes garantisca per un posta enormemente più alta.
In una democrazia idee e proposte diverse sono ricchezza. Costruirsi mondi e dati diversi è dilapidazione di credibilità.
di Davide Giacalone
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