Guerra e noi
Guerra e noi
Guerra e noi
Durerà, la guerra. È la previsione del Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, nella sua ultima analisi sull’andamento del conflitto in Ucraina. Emerge un terribile equilibrio fra una Russia incapace di vincere e un’Ucraina che non può perdere. Anche per l’Occidente. Una guerra finita in un vicolo cieco, dopo il fallimento degli obiettivi strategici che Vladimir Putin si era prefissato e che qualcuno gli aveva fatto balenare come raggiungibili in pochi giorni di conflitto o finta guerra. Quando tutto sarà finito, dovremo pur capire come possa il Cremlino aver creduto e su quali basi a un simile esito, una specie di riedizione di quella “drole de guerre” (la strana guerra) che precedette il Blitzkrieg tedesco contro la Francia nel 1940. Solo che per l’esercito russo non c’è stata nessuna guerra di facciata, nessuna passeggiata su tappeti di fiori e il dramma dei rovesci sul terreno si è tramutato in rabbia cieca e inumana contro i civili ucraini.
Torniamo, però, a quel “durerà”. La verità è che non siamo più mentalmente attrezzati – come società – a qualcosa che vada molto oltre gli orizzonti ristrettissimi della politica dell’istante, dell’emozione social, dei like anteprima del consenso. Quando ti abitui a processi simili, in cui non esiste strategia ma solo la tattica del momento, sembra impossibile ragionare in modo compiuto della collocazione geostrategica di un Paese. Solo che ci tocca farlo, perché imposto dalla scommessa mortale di Putin. Considerato che la posta siamo noi, il nostro mondo e i nostri valori, converrebbe almeno provare ad avere voce in capitolo.
È il disegno politico, sottolineiamo politico, di Mario Draghi. Con il silente e completo avallo della Presidenza della Repubblica (benedetto per il Paese fu l’esito di quella settimana di scorribande parlamentari, prima della resa all’evidenza nell’elezione del capo dello Stato), il presidente del Consiglio ha impegnato tutte le sue energie per posizionare l’Italia. Siamo sul fronte occidentale e non sarà più facile per nessuno riportarla sul ciglio degli sbandamenti cinesi e putiniani. Ancora una volta, per avallare questa tesi, conviene leggere quello che si scrive all’estero, piuttosto che seguire il dibattito nostrano che si accontenta di un po’ di polemica sulle bollette. Quando emerge che poche ore dopo l’attacco russo all’Ucraina fu proprio Mario Draghi a spendere tutta la sua autorevolezza per spingere l’Unione europea e gli Usa alle sanzioni a carico della Banca centrale russa – lo ha scritto “The Financial Times” – si comprendono meglio le ultime settimane. Innanzitutto, come leggerete qui di fianco, quella mossa è risultata la più pesante a carico di Putin e dell’economia russa. Poi fa apparire ridicolo l’interrogarsi sull’eclissi di Draghi e del nostro Paese, come in molti fecero nei primi giorni del conflitto. Alla faccia del contare poco, ci verrebbe da sottolineare oggi con un sorriso amaro, ma il punto non è questo: ciò che conta è dove si trovi l’Italia e quale ruolo abbia assunto. In tutta franchezza, anche a dispetto di chi non si è accorto di nulla e continua a cercare di barcamenarsi.
Più la guerra sarà lunga (“durerà”), più aumenteranno i timori, le antiche pulsioni e la voglia un po’ terra terra di tornare a farci gli affari nostri e non doverci occupare di morte e distruzione. Accadrà e per certi aspetti sta già accadendo, basta prestare orecchio e attenzione al dibattito pubblico e a una certa lettura giornalistica della realtà. In quel momento risulterà decisivo il lavoro di queste settimane. Gli impegni assunti, le decisioni strategiche e – udite udite, conta ancora – la parola data ci terranno in carreggiata. Solo preparando oggi il Paese potremo gestire le conseguenze delle scelte più dure, come l’embargo sul gas e il petrolio russo. Misure nell’ordine delle cose, in caso di conflitto ancora più lungo.
Come spesso nella vita, un’alternativa c’è: si tratta di decidere se restare nel nostro mondo o perdere credibilità internazionale, dar ragione a chi ci osserva sempre con il sopracciglio alzato e andare alla pugna per il condizionatore.
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