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I bambini, l’orgoglio e le cicatrici del dramma

Eravamo convinti di vivere in un mondo dove i carri armati fossero solo un lontano ricordo e invece ci troviamo in una situazione drammatica. Molti innocenti, tra cui bambini, perdono la vita ed è evidente la dignità di chi non si piega, fino all’ultimo.

I bambini, l’orgoglio e le cicatrici del dramma

Eravamo convinti di vivere in un mondo dove i carri armati fossero solo un lontano ricordo e invece ci troviamo in una situazione drammatica. Molti innocenti, tra cui bambini, perdono la vita ed è evidente la dignità di chi non si piega, fino all’ultimo.

I bambini, l’orgoglio e le cicatrici del dramma

Eravamo convinti di vivere in un mondo dove i carri armati fossero solo un lontano ricordo e invece ci troviamo in una situazione drammatica. Molti innocenti, tra cui bambini, perdono la vita ed è evidente la dignità di chi non si piega, fino all’ultimo.
Eravamo convinti di vivere in un mondo dove i carri armati fossero solo un lontano ricordo e invece ci troviamo in una situazione drammatica. Molti innocenti, tra cui bambini, perdono la vita ed è evidente la dignità di chi non si piega, fino all’ultimo.
Chi può prova a raggiungere il confine in auto, tantissimi altri scappano a piedi. Adulti e bambini trascinano i loro trolley con pochi vestiti e la speranza di trovare riparo dall’inferno delle bombe. Sono 100mila le persone in fuga dall’Ucraina dilaniata dalla guerra: donne, bambini e anziani perché gli uomini devono restare e combattere. Le immagini restituiscono il dramma di una popolazione intera, le storie di chi da innocente ha perso la vita, come Alisa, sette anni, colpita mentre si trovava vicino a un asilo. E Polina, che stava per finire le scuole elementari: i militari russi hanno sparato a lei e a tutta la sua famiglia. E c’è la piccola – ma grande – storia di speranza di Mia, la bimba venuta al mondo nella metropolitana di Kiev da giorni trasformata in rifugio. Una piccola luce nel dramma di una nazione devastata, di famiglie che si separano, di uomini anche anziani che chiedono di arruolarsi per «difendere i nostri nipoti». C’è la donna ucraina che senza paura affronta un militare russo e gli dona dei semi di girasole: «Mettiteli in tasca, quando sarai sotto terra cresceranno dei fiori». LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI “IL DOLORE DELLA GUERRA” La dignità di chi ha perso tutto ma non abbassa lo sguardo e non si piega, fino all’ultimo. Ci sono i civili che preparano molotov con le bottiglie che avevano in casa e chi invece scava trincee o crea barricate per strada con i sacchi di sabbia. Le palestre trasformate in dormitori, dove le famiglie si raccolgono tra lacrime e preghiere, con sé solo lo stretto indispensabile. E gli animali, cani e gatti, portati via dalle case improvvisamente deserte. C’è la deputata del Parlamento ucraino che si fotografa con accanto un kalashnikov: ammette di non aver mai usato un’arma nella sua vita ma dice di essere pronta a usarlo, se servirà. Dichiarazioni e immagini dal grande potere simbolico, che colpiscono ancora di più perché fino a una settimana fa erano inimmaginabili. Bisogna tornare alla fine del secolo scorso, al conflitto nella ex Jugoslavia, per ritrovarne di simili. Eravamo tutti convinti di vivere in un mondo, in un’Europa, in cui i carri armati fossero il terribile ricordo di un lontano passato. Eravamo certi di vivere in anni dominati dalla diplomazia e dal dialogo. Niente può assomigliare al dramma che stanno vivendo i civili ucraini eppure questa guerra – arrivata quando stiamo iniziando a vedere la fine di una pandemia che ha sconvolto le nostre vite – ha fatto calare una cortina scura anche sulle nostre giornate. Aggrappati di nuovo alle notizie che si rincorrono. Ancora a tratti increduli davanti a quelle foto, a quei video che immortalano un mondo d’improvviso stravolto.   di Annalisa Grandi

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