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I corridoi nel terrore

I corridoi umanitari varati ieri nella seconda giornata di negoziati fra Russia e Ucraina sono, contemporaneamente, un debole raggio di luce in quest’immane tragedia, ma purtroppo anche la conferma della drammaticità assoluta del momento.
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I corridoi nel terrore

I corridoi umanitari varati ieri nella seconda giornata di negoziati fra Russia e Ucraina sono, contemporaneamente, un debole raggio di luce in quest’immane tragedia, ma purtroppo anche la conferma della drammaticità assoluta del momento.
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I corridoi nel terrore

I corridoi umanitari varati ieri nella seconda giornata di negoziati fra Russia e Ucraina sono, contemporaneamente, un debole raggio di luce in quest’immane tragedia, ma purtroppo anche la conferma della drammaticità assoluta del momento.
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I corridoi umanitari varati ieri nella seconda giornata di negoziati fra Russia e Ucraina sono, contemporaneamente, un debole raggio di luce in quest’immane tragedia, ma purtroppo anche la conferma della drammaticità assoluta del momento.
  I corridoi umanitari varati ieri nella seconda giornata di negoziati fra Russia e Ucraina, tenutisi a Brest (località storica ed evocativa come poche, considerato che proprio lì, nella foresta bielorussa, la Russia si arrese ai tedeschi nella prima guerra mondiale e nel ‘91 si sancì il tramonto dell’Urss) sono un flebilissimo raggio di luce in quest’immane tragedia, ma purtroppo anche la conferma della drammaticità assoluta del momento. Perché i russi, ci correggiamo Vladimir Putin, sembrano aver concesso quest’ultima via di fuga ai civili e le conseguenti e necessarie micro-tregue sul terreno solo per avere ancora più campo libero nelle operazioni militari che il dittatore di Mosca ha ordinato di portare a un livello ancora più alto. E distruttivo. Dovremo pur imparare a prendere sul serio e ascoltare nei minimi particolari quanto dice l’uomo di Mosca. Sono anni che Putin non fa mistero della sua strategia anti occidentale e delle mire di ricostituire delle vastissime aree di vassallaggio e cuscinetto alla sua idea di Russia. Non lo abbiamo sempre preso alla lettera, tanti di noi – non tutti, perché anche questo va ricordato – hanno costantemente preferito gli affari agli interessi geostrategici nazionali e dell’Occidente, ma adesso non ci sono più scuse e fraintendimenti possibili. Putin solo ieri ha ribadito al telefono al presidente francese Macron di volere tutta l’Ucraina, di voler cancellare “lo Stato antirusso costruito dagli occidentali“. Non c’è bisogno di intelligence raffinata, ce lo dice direttamente lui cosa vuole e come lo vuole. Sappiamo tutto e abbiamo tutti gli elementi per regolarci di conseguenza. È dal primo giorno della guerra che scriviamo che i costi sarebbero stati alti, dolorosi e per tutti, ma continuiamo ad aggiungere che nessuna bolletta del gas, nessun pieno di benzina, nessun interesse contingente per le bocce di champagne ordinate nelle nostre località di villeggiatura valgano i nostri principi, la nostra libertà e la nostra vita. Arriveranno più sanzioni e bisognerà mettere in conto la reazione economica di una Russia boccheggiante. Non potrà che essere sul gas e le materie prime, perché non hanno altro. La strada, ormai dovrebbero averlo capito tutti, è stroncare economicamente Putin, rendergli insostenibile il prezzo della guerra, nel dichiarato tentativo di innescare processi interni alla Russia stessa fra chi lo sostiene, ma comincia ad aver paura.   di Fulvio Giuliani

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