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I guai dei vinti

All’alba dei risultati delle elezioni amministrative, in tutta Italia si è registrato il flop di centrodestra e M5S e la vittoria del Pd.
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I guai dei vinti

All’alba dei risultati delle elezioni amministrative, in tutta Italia si è registrato il flop di centrodestra e M5S e la vittoria del Pd.
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I guai dei vinti

All’alba dei risultati delle elezioni amministrative, in tutta Italia si è registrato il flop di centrodestra e M5S e la vittoria del Pd.
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All’alba dei risultati delle elezioni amministrative, in tutta Italia si è registrato il flop di centrodestra e M5S e la vittoria del Pd.
Due débâcle e una vittoria. È l’estrema sintesi delle elezioni amministrative, che hanno registrato il flop di centrodestra e M5S e la vittoria del Pd. Lega, Fd’I e Forza Italia faranno bene a non cercare vie d’uscita dialettiche, complotti o disegni per spiegare un disastro elettorale indiscutibile. Aver perso al primo turno, senza combattere, a Milano, Napoli e Bologna va oltre ogni peggiore aspettativa. Un ‘no contest’ politicamente sanguinoso. Se aggiungiamo il consistente vantaggio del centrosinistra a Torino, dove tutti i sondaggi lo davano all’inseguimento, il quadro che emerge è sconfortante. Il derby dichiarato fra Salvini e Meloni, condito anche da puerili dispetti, ha prodotto il nulla. Silvio Berlusconi ha già consumato una sua glaciale vendetta, sottolineando l’esigenza di saper scegliere i candidati. L’indecisionismo spinto, riconosciuto a botta calda da Salvini, ha determinato delle candidature di rara debolezza. Si è votato poco in assoluto, ma sarà interessante capire quanto nel centrodestra, per la delusione degli elettori. L’altra débâcle, che non potrà essere nascosta sotto il tappeto di un’alleanza con il Pd che potrebbe diventare il salvavita di Giuseppe Conte, è quella del Movimento Cinque Stelle. In un lustro, di quel Movimento non è rimasto nulla. Nel 2016 Beppe Grillo si affacciava trionfante dal balcone di un hotel mostrando degli assonanti ‘appendini’ ai giornalisti accalcati.

Sommo sfizio contro i partiti tradizionali spianati nelle urne.

Nel 2021 il Movimento è ridotto all’irrilevanza a Torino e Milano, a Napoli va al traino dei democratici (“quelli di Bibbiano”, citazione), mentre il volto-copertina di quell’antico trionfo, Virginia Raggi, salva solo la faccia. Carlo Calenda ha raccolto gli stessi voti di chi doveva fare la rivoluzione e può diventare l’ago della bilancia. Il Partito democratico ha vinto, rinverdendo la stagione in cui il centrosinistra dominava spesso le competizioni amministrative. L’uomo copertina è Beppe Sala a Milano: cinque anni fa la sua fu l’unica, difficile vittoria del centrosinistra nelle metropoli e ieri ha maramaldeggiato. Il Pd è al ballottaggio anche a Roma, dove sembrava estinto pochi anni fa, e in un’alleanza strategica a medio termine con il M5S ha tutti gli assi. Voleranno i coltelli, c’è da scommetterci, ma è bene che i regolamenti di conti restino interni ai partiti. Il governo deve restarne fuori, sembra scontato dirlo, ma la storia insegna come grandi sconfitte e vittorie più ampie del previsto possano presentare un rischio paradossalmente simile: l’attrazione del caos.   Di Fulvio Giuliani

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