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Ipocrisia appiccicosa vista Quirinale

La santificazione post mortem a cui abbiamo assistito alla morte di David Sassoli è un vizio, non solo italiano, che dimostra la propensione alle chiacchiere prive di sostanza.

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Ipocrisia appiccicosa vista Quirinale

La santificazione post mortem a cui abbiamo assistito alla morte di David Sassoli è un vizio, non solo italiano, che dimostra la propensione alle chiacchiere prive di sostanza.

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Ipocrisia appiccicosa vista Quirinale

La santificazione post mortem a cui abbiamo assistito alla morte di David Sassoli è un vizio, non solo italiano, che dimostra la propensione alle chiacchiere prive di sostanza.

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La santificazione post mortem a cui abbiamo assistito alla morte di David Sassoli è un vizio, non solo italiano, che dimostra la propensione alle chiacchiere prive di sostanza.

Abbiamo già scritto, all’indomani della scomparsa del povero David Sassoli, dell’insopportabile ipocrisia per cui oggi lesponente del Partito democratico viene dipinto come la somma di tutti i pregi politici che ne avrebbero fatto lideale presidente della Repubblica. Carica per cui nessuno in vita si sarebbe mai sognato di indicarlo, ça va sans dire.

Intendiamoci, la santificazione post mortem è un vizio non solo italiano, ma c’è (almeno dovrebbe esserci) un limite all’indecenza dei complimenti-epitaffio. Del resto, nessuno si sognerebbe di indicare per il Colle il suo predecessore alla presidenza del Parlamento europeo, Antonio Tajani. Anche lui, come Sassoli, di formazione diremmo democristiana, uomo di dialogo e certo non divisivo per vocazione.

In sintesi, il profilo del politico ignorato da tutti in questa fase di chiacchiere e poca sostanza. Lo spettacolo, per ora, prevede i pezzi sulla scacchiera camuffati per bene e un solo aspirante re allo scoperto. Tutti convinti – tranne lui – di potergli dare scacco matto.

  di Fulvio Giuliani      

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