In Libia la situazione sta precipitando. Italia e Francia devono alzare la voce se vogliono dare all’Occidente un calendario per pacificare il Paese ed evitare conflitti.
Due premier e il caos al governo, con il rischio del riaccendersi della guerra civile, mai pacificata. In Libia la situazione sta precipitando. Fallito l’appuntamento con le elezioni, il Paese nordafricano è invischiato nello status quo che conosce da sempre, tranne poche eccezioni nella sua storia: scontri e divisioni.
L’Italia e la Francia che avevano messo la faccia sulle elezioni in Libia, poi saltate, superando anche storiche divisioni di interessi, devono alzare la voce e dare all’Occidente un calendario per pacificare il Paese ed evitare conflitti a poche miglia di mare dall’Europa. A parole è semplice ma in concreto difficile.
Comunque necessario. Uno: prima di fissare date per nuove elezioni occorre tenere fuori quelli che vivono di guerra o di caos, compresi i mercenari russi e i turchi. Due: per raffreddare il riaccendersi degli scontri tra fazioni e tribù occorre un’amnistia che stabilizzi e pacifichi il Paese onde evitare, quando si saranno svolte le elezioni, ritorsioni dei vincitori sui vinti.
È questa, a voler essere realisti, la strada per evitare il peggio.
di Jean Valjean
A complicare la faccenda – come se non bastassero già le tribù divise, le tre anime diverse del Paese (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan), la presenza dei mercenari russi e dei turchi – adesso ci sono pure due premier. Uno, Abdel Hamid Dbei- bah, riconosciuto dall’Onu e scampato due giorni fa a un attentato e l’altro, Fathi Bashagha, nominato dal Parla- mento libico (sic!) e di cui le Nazioni Unite han preso atto. Insomma, un disastro.
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Tag: esteri
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