AUTORE: Fulvio Giuliani
Cominciamo questa settimana con una speranza. Flebile, circostanziata, ma pur sempre meglio di niente: l’incontro a Roma fra due altissimi rappresentanti della diplomazia statunitense e cinese, Il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e il responsabile per gli Affari esteri del Poltburo, Yang Jiechi.
Sono stati gli americani a indicare la nostra capitale come sede del primo contatto diretto fra Washington e Pechino, per cercare non tanto una via d’uscita all’aggressione russa all’Ucraina, ma un ruolo alla Cina. Da oltre due settimane, ormai, andiamo ripetendo che è Xi Jinping l’uomo che può ‘costringere’ Vladimir Putin a sedersi a un tavolo per trattare e non dare ultimatum a Kyiv.
Anche se indubbiamente costoso in termini politici e strategici, è alla Cina che dobbiamo rivolgerci per trovare la soluzione, il mediatore con tutte le carte in regola agli occhi del dittatore di Mosca, ma anche con la forza persuasiva necessaria a fargli capire che la strada imboccata è senza uscita.
Che sia venuta fuori proprio ieri la notizia di una richiesta di sostegno militare avanzata dai russi ai cinesi (inquietante, ma anche spia – se confermata – di una disperazione sul campo di Mosca) appare tutto tranne che casuale. Mentre le sanzioni occidentali mordono sempre più e hanno praticamente lasciato la Russia senza un mercato – con la rilevante eccezione le forniture energetiche verso l’Europa che continuano a garantire un flusso di capitali verso Mosca – Putin ha solo la Cina per tamponare il disastro economico e l’isolamento internazionale.
Pechino può non volere l’umiliazione di Putin, ma di sicuro non ha alcun interesse a vedere distrutto ciò che gli interessa più di ogni altra cosa, il mercato internazionale. Può anche provare a salvare la faccia allo Zar, ma dovesse entrare in campo per difendere i propri interessi diventerebbe il migliore alleato della fine della guerra.
Fantapolitica? Non crediamo proprio, perché business is business e ai cinesi. a parte le roboanti e vuote parole, non interessa nulla delle mire di Putin sul Donbass, ma tantissimo dei 1600 miliardi di dollari di interscambio commerciale con Europa e USA. La Russia ne vale 147, fate voi i calcoli.
Sono la fabbrica del mondo e ragionano di conseguenza. Proprio nel giorno del vertice di Roma, altra notizia non casuale, cominciano a circolare rumors sull’idea che a Pechino Putin possa essere considerato a rischio anche in patria.
Fosse vero, potremmo avere una strada.
di Fulvio Giuliani
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