Le dimensioni dell’impatto sul nostro import-export
La drammatica invasione dell’Ucraina da parte della Russia pone diversi interrogativi su quali rischi corrano i nostri interessi economici. Anche alla luce del fatto che, attraverso il nostro sistema bancario, siamo tra i più esposti come prestatori di risorse finanziarie.
Le dimensioni dell’impatto sul nostro import-export
La drammatica invasione dell’Ucraina da parte della Russia pone diversi interrogativi su quali rischi corrano i nostri interessi economici. Anche alla luce del fatto che, attraverso il nostro sistema bancario, siamo tra i più esposti come prestatori di risorse finanziarie.
Le dimensioni dell’impatto sul nostro import-export
La drammatica invasione dell’Ucraina da parte della Russia pone diversi interrogativi su quali rischi corrano i nostri interessi economici. Anche alla luce del fatto che, attraverso il nostro sistema bancario, siamo tra i più esposti come prestatori di risorse finanziarie.
AUTORE: Francesco Orlando
La drammatica invasione dell’Ucraina da parte della Russia pone diversi interrogativi su quali rischi corrano i nostri interessi economici. Le imprese italiane che fanno affari nei due Paesi sono circa 300. In base ai dati Ice, esportiamo per 7 miliardi di euro in Russia e per 2 miliardi di euro in Ucraina, mentre importiamo rispettivamente per oltre 12 miliardi da Mosca e per 3 miliardi da Kiev.
La Russia ci rifornisce soprattutto di gas e materie prime, mentre noi vendiamo macchinari, prodotti di moda e prodotti chimico-farmaceutici. Attraverso il nostro sistema bancario siamo anche tra i più esposti come prestatori di risorse finanziarie.
In Ucraina vendiamo macchinari, alimentari, prodotti chimici, abbigliamento; compriamo prodotti metallurgici, grano e mais. Indubbiamente, la guerra in Ucraina e le sanzioni internazionali decise contro la Russia comporteranno un danno economico, che potrà però in parte essere compensato: da un lato con la ricerca temporanea o permanente, a seconda del perdurare del conflitto, di forniture alternative da altri Paesi; dall’altro con l’incremento della spinta commerciale in altri mercati per le merci e servizi che non potranno più essere venduti in Russia e Ucraina.
Più complesso, non solo sul piano economico ma anche strategico, il discorso legato all’importazione del gas dalla Russia, da cui allo stato attuale dipendiamo per il 28% del nostro fabbisogno (il primo nostro fornitore è l’Algeria con il 29%). Dovendo iniziare ora gli stoccaggi per il prossimo inverno, non ci sono purtroppo soluzioni sostitutive immediate. In ogni caso la bolletta energetica peserà molto, tenendo conto che in quanto Paese trasformatore siamo energivori.
In pratica, sarebbe auspicabile discutere tra imprese e governo per delineare linee strategiche in parallelo al contingency plan che affrontino al contempo il ridisegno del nostro mix energetico futuro e le soluzioni emergenziali. Ovviamente rimane la speranza, purtroppo fragile, che la crisi possa risolversi velocemente e senza ulteriori spargimenti di sangue. Prepariamoci al peggio, trovando un saggio equilibrio etico fra la legittima preservazione dei nostri interessi economici e il rispetto dei valori democratici di pacifica convivenza tra i popoli.
Di Francesco Orlando
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