Qualche riflessione di fine dicembre sulla corsa al Quirinale e su Mattarella bis.
Oramai la cosa si ripete: il presidente della Repubblica entra in un qualche luogo pubblico, un teatro o una mostra, e i presenti accompagnano gli applausi con il reclamare un bis. La trovata scaligera ha avuto successo.
Da una parte c’è ‘apprezzamento per il lavoro svolto, la stima verso la persona e, perché non dirlo, un certo rituale ossequio verso la carica. Nulla di male.
Dall’altra c’è l’effetto del puntiglio dell’attuale inquilino del Colle, che non perde occasione per salutare e ricordare che è pure l’ultima volta. E l’idea che si possa voler lasciare un incarico di quel tipo ha un effetto attrattivo per la popolarità. E anche in questo, nulla di male. In passato abbiamo conosciuto diversi casi di presidenti che sarebbero rimasti volentieri, senza che lo si chiedesse loro, così come c’è il precedente di uno che aveva annunciato la volontà della dipartita ed è rimasto. Ma mai si vide quello cui assistiamo: la richiesta di bis scandita fuori dalle stanze istituzionali.
Ciò dovrebbe indurre le forze politiche – a partire da tutte (tutte) quelle che compongono la maggioranza di governo, ma anche oltre – a fare attenzione. Perché avviare gli scrutini senza un accordo che ne eviti l’agonia, tenuto anche presente che per ragioni Covid si voterà una sola volta al giorno, significherebbe urtare quel sentimento diffuso. Oltre che mettere a rischio il governo. Sarebbe davvero masochista se la richiesta che eventualmente spetterebbe loro fare la lasciassero correre per piazze e anfiteatri.
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