L’UE ha varato un programma di acquisti congiunti, gestiti da una Task force della Commissione in consultazione con i paesi coinvolti, che consentiranno di ottenere condizioni contrattuali e costi più favorevoli.
Qualche notizia sparsa per i naviganti del puntinismo: alla faccia di chi scommetteva ancora una volta su un’incapacità europea di prendere decisioni, ieri si sono stabiliti un paio di principi, anzi tre. Parliamo di elementi fondamentali per consentire ai nostri Paesi di sganciarsi progressivamente dalla dipendenza russa e lasciare il dittatore con il cerino in mano. Con cui, poi, potrà dar fuoco – se vorrà – alle sue riserve di gas invendute.
Inciso: proprio ieri la Cina ha fatto capire di non essere così disposta a comprare gas e materie prime dalla Russia, per sostituire il mercato occidentale. Tradotto: vi compriamo gas e petrolio, ma i prezzi li facciamo noi.
Torniamo all’Europa e ai tre punti: l’Ue ha varato un programma di acquisto comune di riserve di gas, accompagnandolo a stoccaggi centralizzati, da cui poi distribuire in base alle esigenze dei diversi Paesi. Terzo punto, acquisteremo ingenti quantità di gas liquido dagli Stati Uniti d’America, fondamentale sia per gestire l’emergenza, che per avviare la fase di transizione dall’attuale ripartizione troppo sbilanciata verso la Russia. Per la contrarietà tedesca, ma anche di partner a noi vicinissimi come la Norvegia – non nell’Unione, ma da cui acquisteremo e stiamo acquistando petrolio e altre materie prime – non è stato ancora fissato il principio di un tetto al prezzo del gas, richiesto subito dopo lo scoppio della guerra dal presidente del Consiglio Mario Draghi.
Resta il suo obiettivo finale, dopo che l’Ue è già approdata agli acquisti e allo stoccaggio comune. Vale la pena ricordarlo oggi: sono esattamente i temi trattati nella missione a Bruxelles di Draghi a inizio conflitto, quando parlò di questo progetto con la presidente della Commissione, Ursula Von Der Leyen. Alla faccia dello scarso peso e dello scarso attivismo italiano, Draghi sta contribuendo – non senza ovvie difficoltà, ma rinsaldando la linea con Parigi e i Paesi mediterranei – una risposta europea strategica. Un altro balzo in avanti dell’Unione. Quanto al peso italiano, è testimoniato anche dalla richiesta ucraina di inserire il nostro Paese fra i “garanti“ dell’eventuale, futura neutralità di Kiev.
Certo, rispetto ai temi su cui ci giochiamo il futuro, viene da piangere a considerare il livello di parte del dibattito politico italiano. Una realtà parallela, in cui si vota Sì all’aumento delle spese militari (determinate dalle scelte criminali di Putin, non certo nostre) e dopo quarantott’ore ci si rimangia tutto, come scriviamo ieri su La Ragione, manco fosse un post di Facebook.
Cosa volete, questa è (anche) la politica ai tempi del post-populismo, al punto che lo stesso Luigi Di Maio ha mandato a stendere il leader del suo partito, Giuseppe Conte. Una tragicommedia.
di Fulvio Giuliani
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