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L’infanzia sfregiata dalla guerra

Sono almeno 800mila i bambini che hanno visto l’orrore della guerra in Ucraina, quasi la metà dei due milioni di persone che in due settimane sono fuggite dal territorio. Un quadro terribile quello fornito da Save the Children.

L’infanzia sfregiata dalla guerra

Sono almeno 800mila i bambini che hanno visto l’orrore della guerra in Ucraina, quasi la metà dei due milioni di persone che in due settimane sono fuggite dal territorio. Un quadro terribile quello fornito da Save the Children.

L’infanzia sfregiata dalla guerra

Sono almeno 800mila i bambini che hanno visto l’orrore della guerra in Ucraina, quasi la metà dei due milioni di persone che in due settimane sono fuggite dal territorio. Un quadro terribile quello fornito da Save the Children.
Sono almeno 800mila i bambini che hanno visto l’orrore della guerra in Ucraina, quasi la metà dei due milioni di persone che in due settimane sono fuggite dal territorio. Un quadro terribile quello fornito da Save the Children.
Sono almeno 800mila, forse un milione, quasi la metà dei due milioni di persone che in due settimane sono fuggite dalla guerra in Ucraina: sono i bambini che hanno visto l’orrore, che hanno salutato i loro padri rimasti a combattere, che hanno sentito i rumori delle bombe e ora si stringono alle madri, l’unica loro certezza rimasta. È un quadro terribile quello che ci restituisce Save the Children: la popolazione dell’Ucraina è nettamente più giovane di quella italiana e di conseguenza i bambini che sono diventati profughi sono tantissimi. La maggior parte, spiega chi gestisce i centri di accoglienza ai confini, arrivano da soli e sono quasi tutti traumatizzati. Non parlano più, si chiudono in un silenzio impenetrabile sufficiente a far capire che per tutta la vita si porteranno dietro i segni di questo conflitto senza senso. Hanno incubi ricorrenti: una bimba di tredici anni ha raccontato ai volontari di continuare a sentire incessante nella sua testa il rumore delle sirene. Non riescono più a dormire, dopo aver passato giorni nei bunker o in rifugi improvvisati. Nei campi profughi continuano a correre da una parte all’altra, senza sosta. Non sanno più stare fermi, come se fossero costantemente in fuga. Quelli che al confine ci sono arrivati con le loro madri, sono ossessionati dal pensiero che in un attimo possano veder sparire anche loro, insieme alle poche certezze rimaste in un’infanzia stravolta. LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI “IL DOLORE DELLA GUERRA” Per chi invece non ha più nessuno c’è un altro allarme, lanciato questa volta dall’Unicef: quei piccoli rimasti soli potrebbero diventare le vittime di un traffico di minori, a scopi sessuali o per il traffico d’organi. Per questo è fondamentale che nei centri di accoglienza si cerchi di capire se esistono parenti a cui affidare questi bimbi o ancora che venga accertato a chi quei bambini vengono consegnati. Un’impresa titanica, con un conflitto in corso e migliaia di sfollati che arrivano ogni giorno. Un dramma nel dramma, perché non è sufficiente portarli via da dove si spara e la vita è ogni istante in pericolo: è necessario che ci si occupi di come stanno, non solo fisicamente ma anche psicologicamente. Dai più piccoli ai più grandi, quelli che magari in un attimo si sono visti affidare i fratelli e le sorelle dai genitori che restavano a combattere in Ucraina. Questa guerra si è portata via la loro innocenza. Senza dimenticare i bimbi che si trovano ancora bloccati nei bunker. Come la piccola Amelia che in un rifugio di Kiev si è messa a intonare la canzone del cartone animato “Frozen”. Guardatelo, quel video. È dolcissimo e straziante allo stesso tempo, ed è emblematico di come i più piccoli sappiano prendere metaforicamente per mano gli adulti e regalar loro un istante di dolcezza sia pure in mezzo all’orrore. Questi bambini sono il nostro futuro, sono pieni di coraggio e di sogni. Nessun uomo che possa definirsi tale dovrebbe avere il potere di distruggerli. Per loro, per quelli che orfani lo erano già prima di questa guerra senza senso, il nostro dovere è restare uniti contro l’artefice di tutto questo. E aiutarli, come possiamo.   Di Annalisa Grandi

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