Lo stupro come arma che si ritorce contro
Lo stupro come arma che si ritorce contro
Lo stupro come arma che si ritorce contro
I racconti arrivano via Telegram, che si è trasformato in un diario agghiacciante della guerra. Ma ci sono anche le testimonianze dirette, fondamentali perché necessarie per istruire un processo al Tribunale penale internazionale.
Le donne ucraine sopravvissute agli abusi e alle violenze dei militari russi raccontano l’orrore subìto. A Bucha, diventata dopo Mariupol triste emblema di quanto sta accadendo, il difensore civico ucraino racconta di venticinque fra bambine e donne stuprate ripetutamente dai soldati. Alcune hanno appena 14 anni e nove di loro in seguito agli abusi sarebbero rimaste incinte. Il resoconto fa rabbrividire. Le vittime avrebbero spiegato che durante gli stupri, compiuti in un seminterrato, i russi avrebbero detto loro che le avrebbero violentate al punto da non voler mai più avere alcun contatto sessuale con nessun uomo, per impedire loro di avere figli ucraini. Frasi terrificanti, che aggiungono all’orrore anche una connotazione etnica che riporta alla memoria altri conflitti, dalla Seconda guerra mondiale alla ex Jugoslavia, quando alla furia cieca si è aggiunto il disprezzo nei confronti di un intero popolo che nelle intenzioni dell’invasore non deve più esistere né avere un futuro e quindi figli.
LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI “IL DOLORE DELLA GUERRA”Un’altra donna ha raccontato della sorella 16enne stuprata e di come i russi le abbiano detto che quello che stava accadendo a lei è ciò che sarebbe successo a tutte le «prostitute naziste». Ricorre questo termine, usato per primo da Putin per tentare di sostenere la legittimità dell’invasione, eppure gli unici che assumono comportamenti assimilabili all’epoca di Hitler sono proprio i soldati russi. A Mosca si gioca molto sulla propaganda e l’unica cosa che la può smontare sono le testimonianze. Che chiaramente andranno verificate, ma è comunque significativa la quantità di racconti che stanno arrivando da diverse città ucraine. E che stanno trovando ampio spazio sui media internazionali proprio perché – se provati – più di ogni altra cosa conducono dritti davanti al tribunale dell’Aja.
Per questo ancora una volta raccontare è fondamentale, anche se sono storie difficili da leggere, perché la sensazione che ne deriva è quella di una violenza e di una brutalità senza freni. Come se quella volontà di dominio militare, spezzata dalla stoica resistenza del Paese invaso, si fosse tradotta negli abusi su donne (ma anche su bambine) completamente indifese. Persone trasformate in oggetti, usate per rivendicare una propria inesistente superiorità.
di Annalisa GrandiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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