AUTORE: Massimiliano Lenzi
Il Cristoforo Colombo dello Spazio ancora non lo abbiamo, ma una caravella che prova ad avventurarsi in orbite remote e inesplorate, quella sì. L’abbiamo. È il telescopio James Webb Space, lanciato a bordo di un razzo Ariane 5, dalla base dell’Esa nella Guyana francese. Il telescopio si è separato dal razzo vettore Ariane 5 dopo 26 minuti di viaggio e ha proseguito la propria missione alla scoperta delle origini dell’universo. Esplorare il cosmo, ampliare la comprensione umana oltre i limiti terrestri conosciuti sino a ora: nel lancio di Ariane 5 c’è qualcosa che va ben oltre la dimensione tecnologica. C’è l’insopprimibile bisogno dell’uomo di andare oltre la sua stessa finitezza, di affondare la propria conoscenza, come un Faust insaziabile, su ciò che non conosce e che non può morire.
Per costruire Webb – giusto per dare le dimensioni della sfida – ci sono voluti trent’anni o quasi e 12 miliardi di dollari, oltre al lavoro di mille persone. Ancora poco. Per portarsi oltre. Un viaggio di un milione e mezzo di chilometri dalla Terra, durante il quale eseguire osservazioni e dare conoscenza, come da progetto. Il viaggio verso la meta durerà sei mesi. Nulla, nella vita dell’universo. Mezzo anno, nella vita di un uomo. Un’esplorazione che fa tornare alla mente i versi di Dante su Ulisse: «A questa tanto picciola vigilia / d’i nostri sensi ch’è del rimanente / non vogliate negar l’esperienza / di retro al sol, del mondo sanza gente». L’Odissea nello Spazio, in fondo, è appena incominciata.
di Massimiliano Lenzi
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