Il deputato di +Europa Riccardo Magi ha voluto promuovere un quesito referendario sulla cannabis che è un vero guazzabuglio giuridico. Nei momenti che contano alcuni si rivelano fatti per la politica, altri proprio no.
«Hai ragione ma non capisci nulla» era solito reagire Marco Pannella alla stolida ripetizione a vanvera di concetti astratti. E sarà certo un caso ma, piuttosto che rivolgersi a collaudati esperti, l’ex radicale e ora deputato di +Europa Riccardo Magi ha preferito promuovere un quesito referendario sulla cannabis incurante della consolidata giurisprudenza della Cassazione a sezioni unite, contenente gravi errori di redazione e spacciato – barattando il significante per il significato (Lacan formato La canna, per capirci) – come sicuro viatico per la legalizzazione.
Un guazzabuglio giuridico. Bocciato l’altra sera dal professor Amato («Il quesito faceva riferimento a sostanze che includono le cosiddette droghe pesanti»), Magi ha così reagito: «Il presidente Amato ha detto che siamo intervenuti sul comma 1 dell’articolo 73 che non riguarderebbe solo la cannabis, ma il comma 4 riporta le stesse condotte del comma 1. Il comma 1 dell’articolo 73 riguarda con una serie di condotte la tabella 1 e 3; il comma 4, che riguarda la tabella 2 e 4, quindi dove c’è la cannabis, dice che per le stesse condotte di cui al comma 1 si applica quest’altra pena. Non potevamo che intervenire sul comma 1, semplicemente perché il comma che riguarda la cannabis dice “per le stesse condotte di cui al comma 1”». Dichiarazione da numerologo, che molto rivela della chiarezza dell’ormai ex referendum e dalla quale possiamo forse trarre un insegnamento: nei momenti che contano alcuni si rivelano fatti per la politica, altri proprio no.
di Vittorio Pezzuto
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