Come possono 5.800 medici di base lasciare il campo in pochi anni? Credo che il loro lavoro sia massacrante, poco riconosciuto e finanziato male, ma nessuna di queste cause può giustificare abbandoni – impossibili da rimpiazzare in poco tempo – in presidi così strategici e necessari.
Dobbiamo pensare che la società e la politica non abbiano un cuore? O meglio che ce l’abbiano solo quando il marito o la moglie o i figli e le nonne sono ingabbiati dietro mascherine inquietanti solo da vedere? C’è un vecchio proverbio che dice: “Fai del bene, ma non aspettarti riconoscimento”.
Quando c’è, il bene si porta dentro domanda e risposta. Invece certe volte l’animale che è in noi rimbalza tra interessi e paure. Dispiace dirlo ma è così. È vero che nessuno è obbligato a fare l’eroe, ma in questi casi si tratta di fare il proprio mestiere pericoloso, rischioso e ingrato.
Anch’io ho rischiato la vita sette volte tra i miei, ma non mi sono mai sentito eroe e non voglio che nessuno lo pensi. Ho voluto stare tra la gente difficile, dimenticando tutto il resto. Dobbiamo tutti, non solo i medici e gli infermieri, farci domande serie sulla nostra vita e su quella degli altri. Nessuna società può permettersi di dimenticare che siamo esposti in permanenza ai pericoli, dai più semplici ai più spaventosi.
Adesso poi che si è sovrapposta un’altra tragedia, voluta per intero da noi, dovremmo allargare ulteriormente la nostra solidarietà.
Perché non è servito uno spavento che ha spazzato via centinaia di migliaia di persone, certamente innocenti, per farci tornare sulla retta via? È mai possibile che la vita degli uomini, delle donne, dei bambini valga meno dell’egoismo di un pazzo e di un confine di Stato? Quando sarà che a scuola tutti i bambini del mondo tra le materie (brutta parola) del programma troveranno scritto: «Cos’è il pacifismo e la pace?».
Mio nonno mi diceva che negli ultimi giorni della Seconda guerra mondiale italiani, tedeschi e partigiani qualche sera giocavano a carte in stalla al caldo, con un fiasco di due litri regalato dal contadino, che faceva il quarto. Perché l’uomo vero sarebbe proprio quello che gioca a carte e non alla guerra.
di don Antonio Mazzi
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