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Mostrare per capire e non dimenticare

Le terribili immagini che arrivano dall’Ucraina in questi giorni parlano chiaro: quello che viene commesso a poca distanza da noi è definitivamente un crimine contro l’umanità e chi l’ha ordinato ne dovrà rispondere.

Mostrare per capire e non dimenticare

Le terribili immagini che arrivano dall’Ucraina in questi giorni parlano chiaro: quello che viene commesso a poca distanza da noi è definitivamente un crimine contro l’umanità e chi l’ha ordinato ne dovrà rispondere.

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Le terribili immagini che arrivano dall’Ucraina in questi giorni parlano chiaro: quello che viene commesso a poca distanza da noi è definitivamente un crimine contro l’umanità e chi l’ha ordinato ne dovrà rispondere.
Le terribili immagini che arrivano dall’Ucraina in questi giorni parlano chiaro: quello che viene commesso a poca distanza da noi è definitivamente un crimine contro l’umanità e chi l’ha ordinato ne dovrà rispondere.
I corpi a terra, vicino a loro quei trolley che racchiudevano pochi oggetti e la speranza di salvarsi. Accanto, un trasportino con dentro il loro cagnolino. Il padre, ferito gravemente, che lotta per sopravvivere. È stata mostrata in tutto il suo orrore l’immagine di quella mamma con le sue bambine, uccise a Irpin dai colpi di mortaio sparati dall’esercito russo. Un’immagine scioccante e che racconta un cambio di passo anche nel modo in cui i media occidentali raccontano quel che sta avvenendo in Ucraina. L’intento, facile da intuire, è rendere manifeste le responsabilità di chi questa guerra assurda ha voluto: Vladimir Putin. Non muoiono solo i soldati, nei conflitti a fuoco. Si spara dappertutto, si uccide e basta. Si uccidono gli adulti e i bambini, anche quando si annunciano corridoi per far evacuare i civili. Siamo nel pieno di questo conflitto e il presidente russo dovrà risponderne. La Corte di giustizia internazionale ha avviato un’indagine per accertare se si stiano commettendo crimini di guerra e contro l’umanità. Basta guardare le foto e i video che arrivano dalle città ucraine, per avere la risposta. Tant’è vero che la Russia alla prima udienza all’Aja non si è nemmeno presentata. LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI “IL DOLORE DELLA GUERRA” È sufficiente raccontare di Kirill, il bimbo di 18 mesi di Mariupol portato in braccio dai genitori in un ospedale senza più elettricità. Morto per la ferocia umana e nonostante i medici abbiano provato a salvarlo in tutti i modi. Facendosi luce con gli smartphone, per provare a compiere un miracolo, a non arrendersi davanti all’ennesima tragedia. Quei due genitori giovanissimi, che stringono disperati il loro piccolo avvolto in una copertina sporca di sangue, sono un pugno allo stomaco. Ma dobbiamo guardarle quelle immagini. Come quelle delle persone accalcate sotto le macerie di un ponte distrutto, unico riparo possibile mentre aspettano di essere evacuate. O quella marea umana sui binari a Kharkiv, centinaia di persone davanti a un unico treno, quel treno che può significare la vita, la salvezza. Perché restare vuol dire temere per sé stessi e per i propri cari ogni singolo istante del giorno e della notte. Dobbiamo raccontare di come il sindaco di una cittadina vicina alla capitale ucraina sia stato ucciso mentre portava pane e medicine alla sua gente. Perché è questo quello che sta davvero succedendo. Perché nessuno deve credere neanche per un secondo a Putin che dice: «Non stiamo sparando sui civili». Perché davanti a queste atrocità, in un mondo che si definisce civile, non ci possono essere divisioni. Perché ha ragione il presidente ucraino Zelensky: non si può e non si deve perdonare. E soprattutto, chi ha ordinato tutto questo dovrà risponderne. Di Annalisa Grandi

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