Gli ampi spazi televisivi offerti ai no-vax che protestano contro il Green Pass sono spettacoli infamanti che sottovalutano le conseguenze tra la gente. Siamo in un momento in cui è necessario superare ogni logica giornalistica.
Mi domando perché dobbiamo offrire spazi di cronaca così abbondanti a spettacoli infamanti, quasi ne avessimo bisogno. Credo che fra i no-vax che protestano contro il Green Pass vi sia una categoria che abbiamo sottovalutato. Tutti sappiamo quanto la televisione sia strega, soprattutto per chi la sognava da sempre. Andare in televisione, non solo per gli ignoranti, è sempre stato ed è il desiderio impellente di tutti. È quindi chiaro che alcuni tra quei fuori di testa non molleranno mai. Per quelli come loro è anzi come aver vinto al Lotto, il compiersi inaspettato di un sogno. La loro fatica più impegnativa sarà quindi quella di farsi vedere più volte possibile.
Se vogliamo sconfiggere questa classe di selvaggi dobbiamo ridurre fortemente le immagini e soprattutto alcuni momenti particolarmente cari ai giornalisti e agli operatori televisivi, con le connesse infinite repliche.
Faccio questa semplice riflessione perché l’ho sentita e capita da testimoni, quasi impazziti per essere stati visti in televisione. Hanno raccolto le sequenze sul loro telefonino, che si tenevano in mano quasi accarezzandolo. Siamo arrivati a momenti nei quali ogni logica giornalistica va superata. Se i nostri ragazzi leggono che in Alto Adige si organizzano festini per contagiarsi e poi ottenere il Green Pass falso, che cosa penseranno? Che siamo arrivati allo stadio animalesco, umiliante per ciascuno di noi, ma soprattutto per loro. Due righe così possono solo far precipitare quel poco di speranza nel futuro che noi con infinita pazienza e molta testimonianza tentiamo di inculcare. Domenica scorsa mi ha commosso il giornalista di “Avvenire” che raccontava nel programma “Che tempo che fa” della morte di un neonato sotto i reticolati del confine polacco. Messi uno vicino all’altro i due episodi ci dicono che abbiamo una domanda urgente da fare: «Dov’è finita l’umanità? Dov’è finito l’uomo?». Non rimandiamo le risposte, questo è il momento opportuno di dare risposte vere alle domande vere. Alcune già ci sono e vanno scavate e notificate. Sono come l’oasi nel deserto per il viandante disidratato. Di Don Antonio MazziLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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