Fa bene il presidente francese Emmanuel Macron a mantenere aperta una linea di dialogo con il dittatore di Mosca Vladimir Putin. Fa bene perché – come ricordato dallo stesso presidente di turno dell’Ue – anche un pur minimo spiraglio, in una situazione così disperata sul terreno, è meglio della totale chiusura di qualsiasi contatto. Contatti che, soprattutto, aiutano a cogliere le reali volontà di un uomo apparentemente fuori controllo e ormai prigioniero dell’orrore da lui stesso scatenato.
Le lunghe telefonate fra Macron e Putin, però, sono utili anche a ricordarci, minuto dopo minuto, con chi abbiamo a che fare. Quale sia il livello di minaccia portata dall’uomo del Cremlino alla nostra stessa concezione di mondo, di relazione fra i Paesi e in definitiva di civiltà. Perché mentre si cerca disperatamente una via per uno spiraglio diplomatico e si studia come aumentare la pressione su un governo ormai completamente identificato in un capo ossessionato, spietato e allucinato, non si può dimenticare neppure per un istante che sul terreno si muore per diretta conseguenza delle scelte e degli ordini di Putin.
Telefonate che confermano poi, come se non bastasse tutto il resto, che abbiamo a che fare con uno spergiuro, un uomo la cui parola non vale nulla.
Solo ieri Vladimir Putin, con il suo tono monocorde e l’incapacità di uscire dallo schema di propaganda sovietica, ha ripetuto a Macron che le forze russe mai e poi mai avrebbero attaccato i civili.
Mentre lo diceva, i corridoi umanitari per consentire l’evacuazione dalle città ucraine sotto assedio venivano cancellati dall’artiglieria e dai missili di Mosca. Mentre parlava, ripetendo le solite balle, donne, bambini, anziani morivano e venivano feriti mentre cercavano una qualsiasi via di fuga. Mentre parlava, moriva un bambino di 18 mesi, ferito nei bombardamenti e impossibile da salvare in un ospedale rimasto senza corrente elettrica. Civili morti con il trolley al fianco, in foto che ci tormenteranno per sempre. Una mamma e un papà poco più che ragazzi abbracciati in una disperazione che non avrà mai un perché.
Queste sono colpe che nessuna propaganda, nessuna mistificazione della realtà potrà mai attutire. Colpe, non ci stancheremo mai di ripeterlo, di cui rendere conto in termini personali, davanti al tribunale penale internazionale. Quanto alla Storia, già abbondantemente scritto, il giudizio è in quelle immagini. Inappellabile.
di Fulvio Giuliani
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