Ieri sono avvenuti due fatti di particolare rilievo, nell’assurda tragedia ucraina. Le immagini e le denunce emerse dalla liberazione della città di Bucha (e altre) dalle forze russe e le parole di Papa Francesco.
Quanto gli inviati di guerra stanno raccontando dai centri tornati sotto il controllo delle truppe di Kiev è devastante. Città sbriciolate, civili massacrati e – come più volte abbiamo ragionato in questi spazi – non solo per effetto collaterale, ma per lucida e rivoltante scelta di un esercito ormai senza strategia.
Addirittura, la denuncia di fosse comuni e di particolari raccapriccianti che, se confermati, allungherebbero la lista di chi è atteso dal giudizio del Tribunale internazionale penale dell’Aia per crimini di guerra.
Ripetiamo: su molti dei particolari emersi nelle ultime 24 ore saranno necessari prove e approfondimenti, come per le sempre più numerose accuse di stupri e violenze sulle donne, nei vari fronti del conflitto. Non per scarsa fiducia in ciò che viene raccontato, ma perché le responsabilità andranno accertate con la massima severità secondo le regole del diritto internazionale e nulla potrà restare impunito di questo orrore.
Quello che è successo alle città, intanto, quello che sta accadendo mentre scriviamo a Mariupol è già un fatto incontrovertibile. Nessun volenteroso pifferaio del dittatore potrà modificare la realtà di quelle città cancellate dalla faccia della terra, secondo una metodologia ben nota, che Putin ha “affinato“ per anni in Cecenia.
Il Papa, intanto, non si arruola in nessuna battaglia ideologica o, peggio, politica. Eppure, ieri il pontefice ha usato parole di assoluta chiarezza e, inutile girarci intorno, avrà probabilmente deluso i pacifisti unilaterali che in questo Paese continuano a pascolare allegramente.
Il Papa ha parlato di “qualche potente che provoca conflitti“ e di “una guerra preparata per anni trafficando armi“. Nessun accenno diretto all’uomo di Mosca, ma difficilmente si sarebbe potuto esprimere in modo più chiaro di così senza nominare Putin.
Aggiungendo, poi, una possibilità delicatissima e potenzialmente dirompente: il viaggio nella capitale ucraina Kiev. “Un’ipotesi sul tavolo“, ha chiarito Francesco. Un viaggio non più remoto, a questo punto, che potrebbe cambiare molte carte in tavola. Anche sul “fronte“ italiano della guerra d’aggressione scatenata da Putin.
di Fulvio Giuliani
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