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Putin

Parole forti e antichi innamoramenti

Le dure parole di Biden su Putin hanno fatto pensosamente riflettere qualcuno su quanto l’Occidente sia stato offensivo. Ma è un clamoroso ribaltamento della realtà.

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Parole forti e antichi innamoramenti

Le dure parole di Biden su Putin hanno fatto pensosamente riflettere qualcuno su quanto l’Occidente sia stato offensivo. Ma è un clamoroso ribaltamento della realtà.

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Parole forti e antichi innamoramenti

Le dure parole di Biden su Putin hanno fatto pensosamente riflettere qualcuno su quanto l’Occidente sia stato offensivo. Ma è un clamoroso ribaltamento della realtà.

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Le dure parole di Biden su Putin hanno fatto pensosamente riflettere qualcuno su quanto l’Occidente sia stato offensivo. Ma è un clamoroso ribaltamento della realtà.

Criminale di guerra“, “macellaio“, “non può restare al suo posto“. Alcune delle frasi e delle parole del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, riservate al dittatore di Mosca, Vladimir Putin. È una sintesi estrema dei giudizi che riecheggiano da altri leader occidentali, a cominciare dal premier britannico Boris Johnson. Anche dall’Italia, dove il ministro degli Esteri Di Maio lo ha definito “animale”. Parole forti, come è forte il dibattito che hanno generato in questi giorni, con una variopinta schiera di politici e opinionisti pronta a riflettere pensosamente su quanto l’Occidente sia stato offensivo nei confronti di Putin, di come questo modo di fare abbia impedito gli sforzi diplomatici, per far tacere le armi in Ucraina. Un clamoroso ribaltamento della realtà, un peloso modo di affrontare un uomo – partiamo magari da qui, per non fare la figura proprio degli allocchi – che non ha mai mostrato la reale volontà di trattare. Mai. Non diciamo la fine di questa guerra brutale e illegale, ma neppure un cessate il fuoco umanitario. Uno straccio di concessione ai civili ucraini, da lui scientemente utilizzati come obiettivo. Un comportamento criminale, ripetiamo “criminale“, davanti al quale questi infaticabili asceti del pacifismo unilaterale non provano alcuna pietà. Mostrano il volto di circostanza, si tormentano le mani, invocano e citano Papa Francesco, ma guai a esprimere un giudizio netto e inappellabile su un dittatore crudele e ossessionato. L’uomo che ha sulla coscienza il massacro programmato di un intero paese, non perché lo diciamo noi qui comodamente protetti dal nostro mondo, ma perché ce lo raccontano quelli che la guerra la stanno vedendo con i propri occhi. Gli inviati di guerra occidentali (dove vige la libertà di stampa, a differenza di Mosca) sono testimoni professionali, sanno che non si insegue la ‘verità’, ma l’oggettività dei fatti. Ci ricordano che quest’ultima non la si può mistificare per antiche simpatie e tic antioccidentali tornati di gran moda. Se nutrite qualche dubbio, date un’occhiata all’imbarazzante retromarcia di Lega e Movimento Cinque Stelle sul 2% delle spese militari italiane. Un voto espresso e dimenticato in tre giorni, in ossequio a un classicone della casa: non avere una strategia e un’idea di Paese, ma solo la capacità di reazione agli umori del momento e ai trend topic. Votare No è più che legittimo, per carità del cielo, ma rimangiarsi se stessi in 72 ore legittima più di qualche dubbio sul peso dei vecchi innamoramenti per gli autocrati. A cominciare dal dittatore di Mosca. di Fulvio Giuliani 

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