La pandemia ha accelerato la diffusione dell’e-commerce e della fruizione online dell’intrattenimento: dal teatro alla musica, dai libri alle serie tv, dallo sport ai film. Oggi assistiamo finalmente a un allentamento delle misure di prevenzione che avvierà, si spera, una ripresa del settore dell’intrattenimento. E, nel nostro piccolo, assistiamo a una affermazione della produzione cinematografica italiana sul palcoscenico internazionale.
La via maestra per sostenere questo settore è il contrasto alla pirateria, la quale è cresciuta in modo assai significativo proprio durante la pandemia. Si tratta di un rischio non passeggero: una volta diffusa la pratica dell’accesso pirata, è difficile tornare indietro e ciò potrebbe compromettere la ripresa del mercato. Inoltre, la pirateria alimenta l’attitudine sfacciata, tipicamente italica, di rivendicare la gratuità per ogni servizio: dall’acqua alla partita di calcio, dalla politica al trasporto urbano, dai tamponi ai ricoveri in terapia intensiva senza essere vaccinati, dal parcheggio ai prospetti delle case.
La dimensione del problema è presto detta: tra gennaio e settembre 2021 le visite ai siti web specializzati nella pirateria dei contenuti tv sono salite a 65 miliardi, con un incremento del 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I primi sei Paesi in cui il traffico si sviluppa sono nell’ordine Stati Uniti, Russia, Cina, Brasile, Ucraina e Regno Unito (fonte: Muso). Come si vede, non c’è una correlazione con il livello del reddito pro capite, perché il fenomeno è complesso. Incidono sia la quota di popolazione in stato di bisogno, sia il livello di alfabetizzazione informatica, sia la diffusione dell’ideologia della gratuità di cui abbiamo scritto.
Come fanno i siti pirata a proporre in streaming i contenuti riservati ai sottoscrittori? Spesso accedono con credenziali rubate e riciclate: alcune credenziali sono state usate fino a 20mila volte. Quando vengono veicolati online, i contenuti vengono monetizzati con pubblicità del sito pirata. Oppure gli eventi pubblici come concerti o gare sportive vengono ripresi e veicolati in streaming via canali social come Facebook, Twich e YouTube, mentre sia pirati che utenti usano gli accessi anonimi (Vpn) per superare le barriere geografiche, come il firewall imposto dalla Cina su Internet che impedisce ai cittadini il libero accesso alle risorse della rete globale. Non ci sono solo le serie tv e i film nell’elenco delle attività criminali. Sorprendentemente, l’editoria è al secondo posto prima ancora dei film e della musica.
L’impatto negativo della pirateria è enorme: stime della Camera di commercio degli Stati Uniti valutano per quel Paese intorno al 13% la perdita di fatturato dovuta alla pirateria, per un settore che dava lavoro a 2,6 milioni di persone nel 2019. Oggi, dopo l’esplosione della pandemia, l’impatto è aumentato. La pirateria è un’attività criminale altamente organizzata: quando si trova di fronte a risposte difensive efficaci, non esita ad alzare la posta con attacchi che ingolfano i server e impediscono l’accesso al servizio da parte di chi ne ha acquisito il diritto. Contrastarla richiede impegno e competenze.
Il nostro Paese ha carenza di addetti e di studenti nel settore della sicurezza informatica. Le risorse investite nel processo di formazione di queste professionalità sono il miglior contributo per sostenere l’industria dell’intrattenimento.
di Mario Dal Co
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Tag: pirateria, social media
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