Ad Austin, nel Texas, un gruppo di intellettuali ha dato vita ad un’Università per tutelare la libertà di pensiero ed espressione contro il politically correct e la cancel culture dei giorni nostri.
Non resta che il Texas. Chi l’avrebbe mai immaginato soltanto una dozzina di anni fa che per mantenere acceso il necessario scandalo del pensiero senza pregiudizi e delle libertà saremmo dovuti finire in Texas. Laggiù, nella profonda America che ci propina, da sempre, il mito dei suoi Ranger ancora affezionati a un vecchio motto: «Un uomo che sbaglia non può mai opporsi a un uomo che è nel giusto». Eppure, in tempi di cultura della cancellazione e di religione del politicamente corretto, proprio laggiù qualcosa si muove.
Ad Austin, capitale dello Stato, un’avanguardia di intellettuali, professori, imprenditori, giornalisti e artisti ha dato vita a una nuova università. Lo scopo è tutelare le libertà di parola, di opinione, di espressione, di ricerca – anche di provocazione e di scandalo – che l’ondata di conformismo della cancel culture va sgretolando.
Usiamo, non a caso, questo termine: scandalo del pensiero. Perché nell’Occidente che, nei secoli, ha conquistato la propria libertà lo scandalo è stato quasi sempre necessario. Pensiamo all’Italia del secondo dopoguerra, ancora bigotta, e agli intellettuali che l’hanno modernizzata. Non chiedendo di censurare i bacchettoni ma rivendicando per sé maggiori libertà. Carmelo Bene, Pier Paolo Pasolini, Marco Pannella, Lucio Fontana, Tinto Brass, Leonardo Sciascia: un elenco infinito (che potrebbe continuare) il cui tratto è l’eterodossia. Senza paletti.
Ebbene, ad Austin un manipolo di intellettuali ‘scorretti’ sta provando a metter su uno spazio libero. Mentre nelle università americane il conformismo cresce, mentre nelle città americane le statue di Cristoforo Colombo e di tanti altri personaggi che han fatto la storia dell’America e del mondo vengono abbattute perché non conformi ai canoni dell’homo bonus di oggi, in mezzo alle terre western lo scandalo vive ancora.
Tra i docenti di questa nascente università ci sono Niall Ferguson, Peter Boghossian e Kathleen Stock. Boghossian ha lasciato l’Università di Portland convinto che la censura del libero pensiero in nome del politically correct e della giustizia sociale abbia soffocato la libertà di insegnare. Sempre più docenti sono sanzionati (o cacciati) dalle istituzioni universitarie. O intimiditi dalle contestazioni degli studenti alle loro lezioni. Ma se docenti di valore non possono più sollevare i loro dubbi che fine fa la libertà di pensiero?
La vicenda di Kathleen Stock è emblematica: la docente ha mollato l’Università del Sussex dopo aver ricevuto pressioni e critiche perché si interrogava sull’identità di genere: è davvero – questa la sua domanda – più importante del sesso biologico? Non ci vuole molto a rendersi conto che se l’Occidente arriva a censurare (o isolare) una riflessione del genere è ormai alla frutta.
Se ne è accorto persino l’attore Johnny Depp – e Hollywood col suo lucernario del cinema ha forti responsabilità nel trionfo della cancellazione culturale – al punto di sbottare contro il conformismo: «Ormai è fuori controllo: nessuno è al sicuro».
di Massimiliano Lenzi
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Tag: università
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