Lo zar Putin si è assunto una responsabilità davanti alla Storia e di cui dovrà pagare il prezzo: l’esclusione totale dal mondo libero quando tutto questo sarà finito. Ma intanto la partita è già oggi e un altro giocatore come la Cina ha appena iniziato le sue mosse.
I negoziati a singhiozzo sono la conseguenza della scelta di Vladimir Putin di mettere sul campo tutto ciò che ha a disposizione per cercare di stroncare la resistenza ucraina e andare a sedersi a un qualsiasi tavolo (ne riparleremo fra poco), in una posizione di vantaggio. Un cambio di strategia che passa da un’escalation nella tattica di assalto alle città-chiave dell’Ucraina, spazzando remore e prudenze nel coinvolgimento dei civili.
Una responsabilità che lo zar si è assunto davanti alla Storia e di cui dovrà pagare il prezzo, ma che oggi testimonia soprattutto l’angosciata necessità di Mosca di chiudere quanto prima il grosso delle operazioni militari.
C’è un altro grande protagonista, però, che ha appena cominciato a fare le sue mosse: la Cina. Dovessimo scegliere un’immagine cruda e volutamente cinica, immaginiamo Pechino con un gigantesco secchiello da pop corn davanti a sé. Xi ha preso una certa distanza dal quasi-amico Putin, mentre osserva gli Stati Uniti e l’Unione europea gestire il più grave attacco ai propri interessi dalla fine della Guerra fredda. Una condizione di oggettivo vantaggio strategico, che il governo cinese potrebbe decidere di sfruttare ergendosi a grande pacificatore. I cinesi ragionano ormai da superpotenza, ma restano ferocemente attaccati alla voglia di fare affari.
Un’impellenza almeno pari ai disegni egemonici sull’Asia e sul Pacifico. In questo, la differenza con le scelte autodistruttive del dittatore di Mosca sono palesi. Pechino vuole il mercato e i soldi dell’Occidente e non vi rinuncerebbe mai per abbracciare senza remore un Putin debilitato dalle sanzioni e da uno sforzo bellico sanguinoso e a tratti imbarazzante. Non sarà sfuggito al partito e al governo la possibilità di spazzar via con un soffio l’impresentabile ‘mediatore’ bielorusso Lukashenko. Nulla più che un cameriere.
La vera trattativa sarà intanto la nostra grande sfida. Il primo obiettivo non potrà che essere fermare la strage e salvare la leadership di Zelensky, ma poi l’Occidente dovrà rispondere a una domanda cruciale: «Dopo aver assistito al massacro di donne e bambini, a un attacco a freddo a uno Stato sovrano e alle nostre libertà, sarà possibile tornare a sedersi con il signor Putin a qualsiasi futuro tavolo?». La nostra risposta è No, ma non siamo così ingenui da non aspettarci dubbi, esitazioni e disponibilità verso il vecchio amico di chi per lungo tempo ha accarezzato la sua autocrazia in aperta antitesi al naturale posizionamento dell’Italia.
La partita è già oggi, come possiamo testimoniare, in una guerra di propaganda social a cui dedichiamo ampio spazio all’interno. Sarebbe colpevole ignorare le volenterose quinte colonne di Putin, di cui l’Italia è ricca e i social debordano.
Gente e sentiment con cui dovremo fare i conti nel lungo e complesso ‘dopo’ che seguirà questa immane tragedia.
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche