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Stallo Putin

Lo zar Putin si è assunto una responsabilità davanti alla Storia e di cui dovrà pagare il prezzo: l’esclusione totale dal mondo libero quando tutto questo sarà finito. Ma intanto la partita è già oggi e un altro giocatore come la Cina ha appena iniziato le sue mosse.

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Stallo Putin

Lo zar Putin si è assunto una responsabilità davanti alla Storia e di cui dovrà pagare il prezzo: l’esclusione totale dal mondo libero quando tutto questo sarà finito. Ma intanto la partita è già oggi e un altro giocatore come la Cina ha appena iniziato le sue mosse.

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Stallo Putin

Lo zar Putin si è assunto una responsabilità davanti alla Storia e di cui dovrà pagare il prezzo: l’esclusione totale dal mondo libero quando tutto questo sarà finito. Ma intanto la partita è già oggi e un altro giocatore come la Cina ha appena iniziato le sue mosse.

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Lo zar Putin si è assunto una responsabilità davanti alla Storia e di cui dovrà pagare il prezzo: l’esclusione totale dal mondo libero quando tutto questo sarà finito. Ma intanto la partita è già oggi e un altro giocatore come la Cina ha appena iniziato le sue mosse.

I negoziati a singhiozzo sono la conseguenza della scelta di Vladimir Putin di mettere sul campo tutto ciò che ha a disposizione per cercare di stroncare la resistenza ucraina e andare a sedersi a un qualsiasi tavolo (ne riparleremo fra poco), in una posizione di vantaggio. Un cambio di strategia che passa da unescalation nella tattica di assalto alle città-chiave dell’Ucraina, spazzando remore e prudenze nel coinvolgimento dei civili.

Una responsabilità che lo zar si è assunto davanti alla Storia e di cui dovrà pagare il prezzo, ma che oggi testimonia soprattutto langosciata necessità di Mosca di chiudere quanto prima il grosso delle operazioni militari.

Tutti abbiamo scritto dei 60 km di mezzi blindati verso Kiev. Fossero stati anche 30 o 40 la sostanza non cambia: o un simile spiegamento porterà subito alla vittoria totale (che i generaloni avevano garantito in quarantott’ore a Putin), oppure i russi finirebbero in un tragico pantano. Con perdite che secondo il presidente Zelensky sarebbero già arrivate a 6mila uomini, ma che fonti occidentali stimano in 10mila morti – più di tutte le vittime russe nell’intervento in Siria – e un incubo logistico non sfuggito alle intelligence Nato. Un bivio fatale: continuare a combattere strada per strada o accettare di negoziare da una posizione di debolezza. Questo ci racconta la situazione sul terreno, mentre lOccidente martella con le sanzioni e ogni giorno è una via crucis per la boccheggiante finanza russa.

C’è un altro grande protagonista, però, che ha appena cominciato a fare le sue mosse: la Cina. Dovessimo scegliere unimmagine cruda e volutamente cinica, immaginiamo Pechino con un gigantesco secchiello da pop corn davanti a sé. Xi ha preso una certa distanza dal quasi-amico Putin, mentre osserva gli Stati Uniti e lUnione europea gestire il più grave attacco ai propri interessi dalla fine della Guerra fredda. Una condizione di oggettivo vantaggio strategico, che il governo cinese potrebbe decidere di sfruttare ergendosi a grande pacificatore. I cinesi ragionano ormai da superpotenza, ma restano ferocemente attaccati alla voglia di fare affari.

Unimpellenza almeno pari ai disegni egemonici sull’Asia e sul Pacifico. In questo, la differenza con le scelte autodistruttive del dittatore di Mosca sono palesi. Pechino vuole il mercato e i soldi dell’Occidente e non vi rinuncerebbe mai per abbracciare senza remore un Putin debilitato dalle sanzioni e da uno sforzo bellico sanguinoso e a tratti imbarazzante. Non sarà sfuggito al partito e al governo la possibilità di spazzar via con un soffio limpresentabile ‘mediatore’ bielorusso Lukashenko. Nulla più che un cameriere.

La vera trattativa sarà intanto la nostra grande sfida. Il primo obiettivo non potrà che essere fermare la strage e salvare la leadership di Zelensky, ma poi lOccidente dovrà rispondere a una domanda cruciale: «Dopo aver assistito al massacro di donne e bambini, a un attacco a freddo a uno Stato sovrano e alle nostre libertà, sarà possibile tornare a sedersi con il signor Putin a qualsiasi futuro tavolo?». La nostra risposta è No, ma non siamo così ingenui da non aspettarci dubbi, esitazioni e disponibilità verso il vecchio amico di chi per lungo tempo ha accarezzato la sua autocrazia in aperta antitesi al naturale posizionamento dell’Italia.

La partita è già oggi, come possiamo testimoniare, in una guerra di propaganda social a cui dedichiamo ampio spazio all’interno. Sarebbe colpevole ignorare le volenterose quinte colonne di Putin, di cui lItalia è ricca e i social debordano.

Gente e sentiment con cui dovremo fare i conti nel lungo e complesso ‘dopo’ che seguirà questa immane tragedia.

  di Fulvio Giuliani

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