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Strabismi
Le parole pesano. Quelle utilizzate da Joe Biden nei confronti di Vladimir Putin hanno monopolizzato l’attenzione globale, finendo nel centro del mirino per la loro durezza. Espressioni tutt’altro che casuali, che hanno generato un diluvio di reazioni, alcune isteriche o strumentali.
Strabismi
Le parole pesano. Quelle utilizzate da Joe Biden nei confronti di Vladimir Putin hanno monopolizzato l’attenzione globale, finendo nel centro del mirino per la loro durezza. Espressioni tutt’altro che casuali, che hanno generato un diluvio di reazioni, alcune isteriche o strumentali.
Strabismi
Le parole pesano. Quelle utilizzate da Joe Biden nei confronti di Vladimir Putin hanno monopolizzato l’attenzione globale, finendo nel centro del mirino per la loro durezza. Espressioni tutt’altro che casuali, che hanno generato un diluvio di reazioni, alcune isteriche o strumentali.
Le parole pesano. Quelle utilizzate da Joe Biden nei confronti di Vladimir Putin hanno monopolizzato l’attenzione globale, finendo nel centro del mirino per la loro durezza. Espressioni tutt’altro che casuali, che hanno generato un diluvio di reazioni, alcune isteriche o strumentali.
Le parole pesano. Le parole definiscono, se non come le azioni, certamente ci rivelano agli occhi del mondo. Negli ultimi quattro giorni, quelle del presidente degli Stati Uniti Joe Biden hanno monopolizzato l’attenzione globale, finendo nel centro del mirino per la loro durezza. Quei toni, a cui ci siamo paradossalmente sin troppo abituati nella nostra quotidianità social, ma che usati dal capo della Casa Bianca hanno generato un diluvio di reazioni, alcune delle quali non esitiamo a definire isteriche. O strumentali.
Sia chiaro, non siamo fra quelli che amino usare termini come “macellaio” o anche “animale”, come capitato al nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio, riferendosi al dittatore russo Vladimir Putin. Eppure, “dittatore” non è certo una definizione meno severa, non priva di accenti persino offensivi. Come “criminale di guerra” – per tornare alle scelte lessicali di Biden – è un’espressione tutt’altro che casuale e che anche noi abbiamo usato e confermiamo. Frutto di un ragionamento politico, al netto dei momenti in cui possa sfuggire una parola di troppo o ci si lasci andare a reazioni non proprie della diplomazia internazionale.
Piaccia o non piaccia alle molte anime belle che si sono rumorosamente risentite durante il fine settimana (anche favorite dal tempo a disposizione e dal relax del nostro mondo fortunato e ben al riparo dalle bombe di Putin), il presidente degli Stati Uniti non si è messo a insultare il leader della seconda potenza nucleare al mondo. Non ha perso il controllo o fatto gaffe a ripetizione.
Ha tracciato una linea rossa, chiarendo che con un soggetto del genere – dopo averlo appunto definito «criminale di guerra», di gran lunga l’epiteto più pesante e gravido di conseguenze – sarà impossibile tornare a confrontarsi e relazionarsi come prima. Come se la guerra di aggressione all’Ucraina fosse una parentesi, in rapporti che è stato lui a sbriciolare e voler negare alla radice. Non certo noi occidentali, alla faccia della trita narrazione dell’espansionismo Nato verso Est.
Abbiamo la sensazione che sia stato questo a infastidire così tanto, più che la scelta di parole ed espressioni forti. Se gli Stati Uniti prendono questa strada – non vi sarà sfuggito che il segretario di Stato americano Blinken abbia smentito un interesse Usa a voler favorire un cambio di potere a Mosca ma non abbia sfiorato il tema delle responsabilità politiche e personali di Putin, che resta tutto – i volenterosi putiniani d’Europa sono fuori gioco.
Il tema dei presunti ostacoli frapposti da Biden alla pace con il suo modo di fare è una castroneria. Non si è riusciti a trattare, all’evidenza, perché Putin non ha avuto la minima intenzione di farlo. Sarebbe lodevole almeno ricordarlo, da parte di taluni pifferai magici del ‘povero’ presidente russo vessato dagli imperialisti americani. Sappiamo che non accadrà, ma non siamo tutti disposti a berci la disinformatia russa senza riflettere.
Parole e toni, in estrema sintesi, più che discutibili, ma che non modificano minimamente la realtà dei fatti. Citare Biden come prova delle ‘responsabilità’ americane e occidentali o farsi scudo dei concetti di papa Francesco, per riproporre il pacifismo unilaterale dei tempi degli euromissili, significa fare una scelta di campo. Legittima, ma incompatibile con gli interessi del Paese. Quelli profondi, quelli che definiranno l’Italia nel mondo che emergerà dalla guerra voluta da un solo uomo. A Mosca.
di Fulvio Giuliani
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